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Il caso

Perché il pressing della Chiesa per mantenere il Reddito è un problema per Meloni

Redazione

Nel nuovo rapporto della Caritas i poveri sono 5,6 milioni. Il presidente della Cei Zuppi: "Il governo confermi l'impegno del Rdc". Per la premier in pectore, che ha fatto campagna elettorale contro, si apre un nuovo fronte

La Chiesa si è espressa: il Reddito di cittadinanza non si tocca. Va migliorato, senz'altro. Ma nessuno pensi di poterlo abolire, come da proposta di alcune forze politiche in campagna elettorale. Presentando il rapporto Caritas sullo stato della povertà in Italia, secondo cui nel nostro paese ci sono 5,6 milioni di persone che versano in condizioni di povertà assoluta (15 milioni in povertà relativa), il presidente della Cei Matteo Zuppi lo ha detto in maniera piuttosto inequivoca. "Il Reddito può essere aggiustato, ma il governo mantenga questo impegno in un momento in cui la povertà sarà ancora più dura e rischia di generare più povertà in quelle fasce dove si oscilla nella sopravvivenza". Il ragionamento è rivolto ai mesi venturi, in cui è previsto che l'aumento dei prezzi dell'energia si abbatta in maniera ancor più cruenta sulle famiglie. Per cui viene letta con grande apprensione la possibilità che si finisca con il ridimensionare il sussidio. O addirittura farne del tutto a meno. 

 

E se l'analisi del capo dei vescovi poteva essere considerata come un tentativo di fissare principi buoni per qualsiasi interlocutore governativo, è vero anche che le sue parole sono sembrate rivolte direttamente alle intenzioni della coalizione di centrodestra. In particolare verso Giorgia Meloni, che nei confronti del Reddito di cittadinanza si è sempre espressa con toni piuttosto incendiari. Ufficialmente, nella campagna elettorale dell'alleanza che ha poi vinto le elezioni si parla genericamente di "Revisione del Reddito", per correggerne le storture. Eppure la stessa leader di Fratelli d'Italia negli ultimi anni alla misura ha regalato definizioni che farebbero preludere a un superamento in toto: "È metadone di stato". "Va cancellato". "Non funziona". E non è un caso che uno dei primi consigli arrivati in famiglia (dalla mamma Anna Paratore) sia stata proprio la cancellazione della misura, da lasciare solo agli inabili al lavoro. 

 

Meloni conta di recuperare, grazie a una revisione dello strumento assistenzialista, almeno un paio di miliardi di euro (nei bilanci dello stato vale 8,7 miliardi all'anno). E però quando ad esempio il rapporto Caritas fa notare che il Rdc finisce solo al 44 per cento dei poveri assoluti, si capisce meglio la preoccupazione di chi teme un restringimento delle maglie, che finirebbe per abbassare ulteriormente questa percentuale

Da qui il monito della Cei. Ma anche quello della sociologa Chiara Saraceno, presidente della commissione per la revisione del Reddito, secondo cui, come ha scritto su Repubblica, "Il rapporto Caritas contrasta con dati e fatti l’opportunità, sostenuta dal centro-destra, di ridurre — se non eliminare — il Reddito di cittadinanza perché troppo generoso e abusato da non meritevoli".

In realtà una delle soluzioni per centrare l'obiettivo di alleviare le condizioni di vita in cui si trovano le famiglie più povere sarebbe quello di rivedere il meccanismo all'ingresso, per richiedere il Rdc: questo perché per com'è stata disegnata la misura spesso svantaggia i nuclei famigliari più numerosi, con figli a carico, E cioè quelli che sarebbe meglio riuscire a raggiungere per evitare che si reiteri quel meccanismo che nel rapporto Caritas viene chiamato "povertà intergenerazionale".

Così adesso, nel pieno delle trattative per formare il governo, Meloni si trova già con una consegna a Palazzo Chigi. Se dovesse tirare dritto, procedere verso una rivoluzione che tocchi la misura bandiera dei Cinque stelle, per lei e per la coalizione potrebbe aprirsi un nuovo fronte. Con una parte di paese da scontentare.