Il retroscena
"Certi ministri parlano troppo". Lo sfogo di Meloni contro i malati di interviste
La premier è alle prese con l'incontinenza verbale dei membri del suo esecutivo. Non solo Pichetto e Valditara, ma anche Urso e Crosetto
“Certi ministri parlano troppo”. Lo sfogo di Giorgia Meloni è precipitato nelle stanze di Palazzo Chigi che la ospitano in questi giorni perché l’ufficio della premier è alle prese con una ristrutturazione, programmata dalla vecchia amministrazione. Quella del suo “predecessore”. Come chiama in pubblico e in privato con una punta di gelido distacco Mario Draghi. A un mese e mezzo dalla nascita del governo, il presidente osserva l’incontinenza verbale dei suoi ministri con un po’ di fastidio.
Se Gilberto Pichetto Fratin finisce spesso in zona gaffe così come Giuseppe Valditara, c’è anche chi parla e rilascia e interviste con una certa costanza. Un caso su tutti? Adolfo Urso. Il titolare delle Imprese e del made in Italy giorni fa ha confessato ai suoi collaboratori: “Dovete organizzarmi un’intervista al giorno. Voglio stare sul pezzo”. E così è, almeno finora. Sempre presente e disponibile con la stampa, Urso non rinuncia mai a intervenire. Stessa cosa, ma con meno intensità, vale anche per Guido Crosetto. Le cui parole assumono sempre una doppia valenza tra il personale (è ministro della Difesa) e la linea meloniana (è considerato uno dei più stretti consiglieri di Giorgia).
La premier al contrario prova invece a gestire il più possibile i silenzi. Eccetto che nelle conferenze stampa, sembra non vedere di buon occhio certi protagonismi. Soprattutto perché si rischia che alla fine escano voci contrastanti nel governo, aumentando la confusione generale. Eppure dopo aver vinto le elezioni è accaduto l’opposto. Per un mese, o quasi, tutta Fratelli d’Italia si era chiuso in un mutismo assoluto. Notizia con il contagocce. Facce d’amianto davanti alle telecamere. Non si parlava di totoministri. Né di alleati.
Se ne stavano tutti lassù, al cospetto della capa, al sesto piano della Camera, dove la presidente del gruppo di Fratelli d’Italia conserva un ufficio a cui sembra molto affezionata (visto che appena può lo usa ancora per le riunioni politiche).
Per un mese dunque la consegna del silenzio ha funzionato alla grande: solo frasi di circostanza e tanti “no comment”. La regola del bunker e delle parole da usare solo il minimo
Adesso la musica è cambiata. Nonostante l’avviso di Meloni il giorno del primo consiglio dei ministri: siamo qui per fare e non solo per comunicare. Doveva essere un messaggio a Matteo Salvini, invece è successo il contrario. Anche perché il leader della Lega sta tenendo su questo un profilo se non basso di sicuro molto distante dai fasti del Viminale quando parlava come in un gigantesco reality per tutta la giornata: radio, televisioni, giornali, social network. E si ricominciava il giorno dopo. Salvini si sta controllando. Gli altri ministri meno. A partire da quelli di Fratelli d’Italia.