Il caso
La Cei smonta il Codice di (non) condotta delle ong: "Cadrà presto, costruito sul nulla"
La stretta sulle navi umanitarie è "paradossale. È un decreto che dimentica le persone", dice il presidente della commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale. E le ong annunciano disobbedienza: "Non rispetteremo le nuove norme". Domani a Ravenna attesa la Ocean Viking
Il decreto sicurezza "è costruito sul nulla" e per questo "cadrà presto". La stretta sulle navi umanitarie è "paradossale". Perché "la prima considerazione da fare è
se siano le ong il problema della sicurezza dell'Italia o se invece sono proprio le ong che salvano persone". La Cei - la Conferenza episcopale italiana non usa mezzi termini e smonta l'impianto ideologico che sta alla base delle ultime misure volute dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e dal governo Meloni in tema di immigrazione.
Le parole sono quelle di Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, presidente della fondazione Migrantes e della commissione Cei per le migrazioni, ma coincidono con i dubbi e le perplessità che si sono alzate da più parti in questi giorni, per condannare le criticità di un provvedimento che pare scritto per agitare una bandierina identitaria, più che per una effettiva regolamentazione del tema. Un pastrocchio, come l'abbiamo definito su queste pagine, il cui contenuto rischia di scontrasi con le normative internazionali, fino a violare la legge del mare.
"Non si capisce perché una nave che ha a bordo delle persone salvate e che nel tragitto ne incontra altre non possa e non debba fermarsi per salvarle", si chiede Monsignor Perego, intervistato da Vatican news - la stampa ufficiale della Chiesa -, riferendosi alla norma che consente ai soccorritori di effettuare un solo intervento, prima di recarsi nel porto assegnato dalle autorità. "Non c’è una parola sulla sicurezza delle persone in pericolo e che sono in fuga. È un decreto che dimentica le persone", aggiunge Perego. Ma d'altra parte, quello voluto da Piantedosi, è l'esito di un ragionamento che ci basa "su un segnale di insicurezza fasullo". E pur non volendo riconoscere alle ong un ruolo fondamentale, di sicurezza, rispetto a chi attraversa il Mediterraneo, solo il 10 per cento dei miganti arriva infatti in Italia soccorsi dalle organizzazioni umanitarie.
Che infatti, in molti casi, hanno annunciato disobbedienza alle nuove norme, "Noi continueremo a salvare vite umane, nel rispetto del diritto internazionale e nazionale", ha annunciato ieri Emergency. "Non ci fermeremo, come del resto non abbiamo mai fatto. Esistono leggi internazionali che regolano la nostra attività e che per fortuna difendono ancora i diritti e la vita di ogni essere umano", è il punto di vista speculare di Open arms, su cui si ritrovano anche Medici senza frontiere e Sea-eya, battente bandiera tedesca, che "non seguirà alcun codice illegale. Ci aspettiamo che il governo di Berlino ci protegga".
Nel frattempo sono attesi domani a Ravenna i 113 migranti, di cui oltre 30 minori non accompagnati, della Ocean Viking. Inizialmente dovevano andare in Liguria, a La Spezia. Poi è arrivata la nuova comunicazione verso l'Emilia-Romagna, allungando il viaggio. Un'altra scelta di dubbia logica umanitaria, tanto che Stefano Bonaccini, presidente delle regione che li accoglierà, si domanda: "Perché costringere queste persone a restare in mare per quattro giorni in più, facendole circumnavigare l'Italia dall'alto Tirreno all'alto Adriatico?". Il sospetto è che si tratti, di nuovo, di una decisione dettata dall'opportunismo politico.