Editoriali

La confusione del governo sulla rete unica

Redazione

Le dichiarazioni del ministro delle Imprese, Adolfo Urso, mandano in soffitta il progetto così come lo si è conosciuto fino ad oggi. La scissione tra rete fissa e servizi è comunque vicina

Non più una rete unica, ma una rete nazionale a controllo pubblico che si andrà a interconnettere con le reti internazionali. E’ l’indirizzo espresso dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, sul dossier Telecom per il quale ha promosso un tavolo di discussione per i primi di febbraio. Queste dichiarazioni – che mandano in soffitta il progetto di rete unica così come lo si è conosciuto fino a oggi – hanno interrotto il rally del titolo in Borsa che si è innescato da inizio anno proprio per l’accelerazione che sembrava avere preso il dossier (più 6,4 per cento al netto della perdita di ieri che è stata dell’1,2 per cento).

 

Probabilmente, al mercato non è ancora chiaro come si concretizza il cambio di rotta soprattutto dopo che il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha dichiarato di voler evitare spezzatini di Tim, alla luce delle ricadute che questo avrebbe sul piano occupazionale. La scissione societaria (tra rete fissa e servizi) è infatti propedeutica al passaggio della rete allo stato-Cdp che serve per realizzare il disegno di Urso. In tutto questo bisogna tenere conto della posizione dell’azionista di controllo di Tim, Vivendi, finora propenso alla cessione dell’infrastruttura tlc – anche perché sarebbe l’unico modo di abbattere il corposo debito del gestore telefonico – ma punta a un prezzo più elevato di quello che l’acquirente (Cdp e fondi) è disposto a sborsare.

 

Insomma, la situazione è abbastanza complicata, anche se per la prima volta da quando si è insediato il governo Meloni si percepisce la volontà di arrivare a una soluzione in tempi brevi. Soluzione su cui è destinata ad avere un peso l’ultima novità che in campo tlc si registra in sede europea. Secondo Reuters, la Commissione ha avviato una consultazione per chiedere ai Big Tech come Amazon e agli operatori di tlc come Telecom quali sono le spese e gli investimenti in programma per i piani di infrastruttura cloud con l’obiettivo di far pagare ai primi un contributo che oggi è solo a carico dei secondi. Se così fosse, per Telecom si aprirebbe quest’anno una prospettiva di miglioramento della posizione finanziaria che potrebbe rafforzare il suo potere contrattuale nella partita.

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