politica migratoria
La Lega valuta un nuovo decreto sulle ong. La sfida di Geo Barents
Molteni & Co. battuti in commissione alla Camera dai loro stessi alleati al governo: emendamenti inammissibili. La nave di Msf effettua tre salvataggi e viola il provvedimento di Piantedosi, che rischia di fare la fine dei porti chiusi
Mercoledì, è arrivata la dimostrazione plastica di come la Lega abbia mal sopportato l’approvazione in Cdm di un decreto Ong che Matteo Salvini considera troppo annacquato. La promessa elettorale di rimettere in piedi i decreti Sicurezza aveva ripreso vigore martedì. Nell’esame del documento in commissione alla Camera, i leghisti avevano presentato 16 emendamenti, che tentavano di dare un’impronta più marcatamente “salviniana” al provvedimento. Tra le misure proposte c’era la limitazione dei rinnovi dei permessi di soggiorno, il rafforzamento dei Centri per i rimpatri, l’abolizione della protezione speciale, il potenziamento dei (fallimentari) Centri di accoglienza straordinaria a discapito di quella diffusa, l’adozione di misure più stringenti per i ricongiungimenti famigliari. Un decreto Sicurezza “Tris”, insomma, proposto sottotraccia. Tentativo fallito mercoledì proprio per il fuoco amico di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Nella riunione congiunta della I e IX commissione della Camera – Affari costituzionali e Trasporti – i presidenti Nazario Pagano (FI) e Salvatore Deidda (FdI) hanno giudicato inammissibili gli emendamenti degli alleati leghisti perché non attinenti all’oggetto del decreto. Igor Iezzi, capogruppo del Carroccio in commissione Affari costituzionali, si è detto “stupito” perché “i cittadini hanno votato centrodestra per fermare il business dell’immigrazione”. Fra gli inferociti viene dato in particolare Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno, padre putativo dei primi decreti Sicurezza e uomo di Salvini al Viminale. Tanto che lo stesso Molteni e gli altri colleghi di partito valutano ora l’ipotesi di proporre un nuovo decreto Ong, più aderente alle aspettative del Capitano e dedicato al dossier immigrazione a 360 gradi, dai salvataggi in mare all’accoglienza fino ai rimpatri.
Per la Lega, il rischio concreto è che il decreto Ong si riveli una scatola vuota e che faccia la fine dei “porti chiusi”. In tal senso, è la cronaca che arriva dal Mediterraneo a mettere in pericolo l’impalcatura giuridica e politica del decreto Ong. Mercoledì, la nave di Medici senza frontiere, la Geo Barents, ha effettuato altre due operazioni di salvataggio, dopo quella che, martedì, aveva portato al recupero di 69 persone in acque internazionali, a una trentina di miglia a nord di Zuara. Il Comando della capitaneria di porto di Roma ha subito assegnato alla nave umanitaria il porto di La Spezia, distante circa 1.200 chilometri. Una rotta considerata vessatoria dall’ong che però, mentre puntava verso nord, ha cambiato rotta per dirigersi verso un altro barcone in difficoltà e segnalato dalla piattaforma Alarm Phone. Prima ancora di recuperare altre 107 persone, Geo Barents ha incontrato anche un terzo barcone, con altre 61 persone. Ora la nave, con 237 naufraghi a bordo, di cui 27 donne e 87 minori, ha rimesso la prua verso nord per dirigersi a La Spezia. Il comando di Roma è stato avvertito delle operazioni di salvataggio, ma non ha mai dato risposta, ha detto Medici senza frontiere. “Stiamo chiedendo al governo di rivalutare la decisione e di darci un porto più vicino”, ha detto il capo missione dell’ong, Juan Matias Gil. Dal governo finora non sono arrivate repliche. “La Geo Barents ha rispettato la legge che impone il salvataggio in mare, senza limitazioni”, dice al Foglio Riccardo Magi di +Europa. “D’altra parte, il decreto vieta i salvataggi multipli solo implicitamente e non potrebbe essere altrimenti, se non violando il diritto internazionale”.
Chi invece sembra non farsi troppi scrupoli sul rispetto del diritto internazionale è Tripoli. Martedì, la Geo Barents aveva diffuso il video in cui la Guardia costiera libica minacciava di aprire il fuoco contro la nave ong se non si fosse allontanata. “State fuori dall’area, figli di troia. Andatevene o spariamo”. Lo stesso giorno, per una grottesca coincidenza, in replica a un’interrogazione scritta dell’Europarlamento, la Commissione Ue aveva rivendicato legittimità ed efficacia degli aiuti economici elargiti – attraverso l’Italia – alla Guardia costiera di Tripoli, per “migliorare le operazioni di salvataggio nel rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale”. Per ora, la “formazione” sembra procedere a rilento.