Editoriali
Meloni fiaccata dalla missione impossibile di unire trucismo e moderazione
Lui, Matteo Salvini esce vincitore dal viaggio in Calabria. Lei, la premier, distrutta, a livello, comunicativo, politico e forse anche fisico. Una conferenza stampa con una scenografia lugubre che porta un solo risultato: Matteo 1, Giorgia 0
È forse anche colpa della scenografia scelta per la conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri di Cutro, se tutto giovedì appariva lugubre. Quasi al buio, con le ombre che si allungavano sui mezzi busti messi in fila di Nordio, Piantedosi, Tajani e Salvini. In mezzo c’era Giorgia Meloni, vestita di scuro e con la testa fra le mani, volto tirato, occhi sgranati. Ogni tanto, avvolta dalle domande, la sua difficoltà nel dissimulare e nell’affidarsi all’ironica leggerezza che sempre trae d’impaccio (stile Draghi) culminava in fraintendimenti al limite del grottesco con i giornalisti presenti.
La settimana nera di Giorgia Meloni dopo la strage di Cutro si è conclusa così: in uno spettacolo caotico. Una settimana da dimenticare sul piano non soltanto comunicativo, ma anche politico e tecnico. Caratterizzata da errori probabilmente nella catena di comando in occasione del naufragio (piano tecnico) e da un inaspettato ringalluzzirsi di Matteo Salvini (piano politico).
Esce dunque rafforzato Salvini, incredibilmente. Lui che al fianco della premier in conferenza stampa era quasi sempre con lo sguardo basso, impegnato a messaggiare compulsivamente chissà con chi, per poi di tanto in tanto alzare gli occhi e fare un cenno plateale con il capo per dire che sì, ovviamente non c’è stato dolo da parte del governo nella morte di decine di migranti.
Fino a rivendicare il 2019, quando c’era lui al Viminale, come l’anno con il minor numero di morti in mare. Gongolante, Salvini. Anche per le difficoltà della sua premier, l’alleata ma anche concorrente che intanto annaspava. Salvini voleva preservare il coordinamento dei soccorsi in mare nelle mani del Viminale, e l’ha ottenuto; voleva una stretta alle protezioni umanitarie, e l’ha avuta vinta; voleva un rafforzamento dei centri di rimpatrio, e c’è riuscito; voleva la caccia allo scafista “sul globo terracqueo”, e Meloni l’ha accontentato. Se Salvini lascia la Calabria da vincitore è forse più per l’appannamento che sembra aver investito la premier, che per meriti suoi. Ed è la prima volta, da quando è alla guida del governo, che Meloni è sembrata in difficoltà. Provata. Forse persino fisicamente.