editoriali
La doppiezza del Pd su Roberto Cingolani
Per Peppe Provenzano le “porte girevoli” vanno bene solo se a farle girare è il Partito democratico
E’ solo da pochi mesi che il Pd non è al governo, quindi probabilmente non si è ancora abituato all’idea che le nomine non siano più cosa sua. Così Peppe Provenzano ha attaccato la nomina di Roberto Cingolani al vertice di Leonardo: “C’è un tizio, consulente di una grande azienda partecipata, che diventa ministro, poi consulente di un nuovo governo guidato da una sua oppositrice, che lo nomina a capo di quella grande azienda – ha detto il responsabile Esteri della segreteria Schlein – Altro che porte girevoli, è la fiera della Repubblica dei Meloni e dei Cingolani”.
C’è molto che non torna nel merito e nel metodo di certe uscite, a partire dal definire “un tizio” il ministro di un governo sostenuto dal Pd. Sulle cosiddette “porte girevoli”, non si capisce perché ai dem andasse bene che Cingolani passasse da Leonardo (dove era un dirigente apicale) al governo Draghi e adesso non vada bene che torni in Leonardo come ad. Perché lo ha nominato Meloni? Il fatto che Cingolani sia un consigliere del governo sui temi energetici – proseguendo di fatto il lavoro sull’autonomia dalla Russia avviato con il governo Draghi e il supporto del Pd – non dovrebbe essere un ostacolo: quando Mariana Mazzucato, consigliera di Giuseppe Conte, venne nominata nel cda di Enel il Pd non sollevò obiezioni. Qual è la differenza? Che Mazzucato va in vacanza con Provenzano e Cingolani no?
Non mancano, poi, nella storia del Pd esempi di passaggi diretti dalla politica alle grandi aziende (e non è questo il caso di Cingolani): l’ex ministro Marco Minniti passò dal Parlamento a una fondazione di Leonardo, Lapo Pistelli dal governo all’Eni, Pier Carlo Padoan dalla Camera a Unicredit (che non è una partecipata, ma rappresenta un passaggio delicato per un ex ministro dell’Economia). Insomma, pare che le “porte girevoli” siano un problema solo quando non è il Pd a farle girare. Stare all’opposizione aiuterà a evitare la confusione, e spesso la sovrapposizione, tra partito e istituzioni.