editoriali
L'improbabile exit strategy del governo sul Mes
Il ministro Giorgetti chiede sconti in cambio della ratifica, ma difficilmente otterrà qualcosa di concreto
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha detto al presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, che vuole barattare la ratifica del nuovo trattato sul Mes con qualche sconto fiscale in più nella riforma del Patto di stabilità. Dopo un incontro tra i due alla riunione del G7 a Niigata, una nota del Mef ha fatto sapere che Giorgetti “ha rinnovato la disponibilità al dialogo sul trattato (del Mes) se introdotto in una cornice di modifiche già avanzate dall’Italia, in primis l’esclusione temporanea di alcune spese per gli investimenti in particolare in ambito digitale e per la transizione green, compresi quelli del Pnrr”. Donohoe ha ribadito quel che ha già detto in passato: sulla riforma del Mes “erano d’accordo tutti i paesi e vogliamo renderlo disponibile per il futuro per qualunque governo ne faccia richiesta”. Nella zona euro i rapporti di fiducia sono fondamentali.
La firma dell’Italia sul trattato impegna anche i governi successivi. Il presidente dell’Eurogruppo ha anche fatto opera di pedagogia di fronte alla disinformazione in Italia, ricordando a cosa serve il nuovo Mes. “La ragione per cui la ratifica è così importante è che il trattato fa sì che, in ultima istanza, il Mes possa assicurare un rapido sostegno finanziario in caso di grave crisi di una banca”. I fallimenti negli Stati Uniti, il salvataggio di Credit Suisse e le fragilità nelle banche europee impongono di muoversi con urgenza. La tempistica è una ragione per cui Giorgetti si illude se pensa di ottenere concessioni sul Patto di stabilità, il cui negoziato rischia di finire nel 2024. La seconda ragione è di sostanza: la Germania e i frugali considerano la proposta di riforma del Patto della Commissione già troppo molle per fare ulteriori sconti. Per i frugali, che hanno lo spazio fiscale per salvare le loro banche da soli, il nuovo Mes serve soprattutto al sud. Una facile via d’uscita per Giorgetti e per Giorgia Meloni non c’è. Possono solo vendere improbabili promesse vuote alla loro maggioranza.