Editoriali
Sul Pnrr la guerra ai controllori non serve
Il governo deve fare i conti con l’Ue, e non con la Corte dei conti, per attestare il raggiungimento degli obiettivi del Piano e il varo del RePowerEu
Che le critiche della Corte dei conti sullo stato di attuazione del Pnrr non facciano piacere al governo, è comprensibile. Tanto più dopo che un importante magistrato contabile, Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, è stato posto dal ministro Raffaele Fitto alla guida della governance del Pnrr. Tanto più dopo che si è capito quanto quelle analisi della Corte dei conti trovino eco a Bruxelles, come dimostra il report pubblicato la settimana scorsa dai tecnici del Parlamento europeo, che dedica un intero capitolo al “caso italiano” e riporta, in una pagina bella densa, tutte le osservazioni sollevate dai magistrati contabili sull’avanzamento del Pnrr. Che insomma la delibera di venerdì scorso – quella in cui la Corte certifica che appena lo 0,7 per cento dei fondi del Recovery destinati all’Italia è stato effettivamente speso in questo 2023 – non sia una buona notizia per Palazzo Chigi è naturale. Assai meno ragionevoli, però, appaiono le reazioni da parte di esponenti del governo. Nel metodo e nel merito. Nel metodo perché, contestando alla Corte l’esercizio di una funzione – quella del “controllo concomitante” – attribuitale per legge, rischia di essere visto, a Bruxelles, come un indebito tentativo, da parte dell’esecutivo, d’interferire coi poteri e le prerogative della magistratura. Ma discutibile anche nel merito, si diceva. E anzi, soprattutto in quello. Perché in sostanza sia Fitto, sia il sottosegretario leghista all’Economia Federico Freni, contestano alla Corte di esercitare un improprio metodo di valutazione sullo stato di attuazione del Pnrr: “Spetta alla Commissione europea, e a essa solo, attestare il raggiungimento degli obiettivi”. E qui però la critica è paradossale, perché non è certo per i giudizi della Corte dei conti, ma proprio per quelli della Commissione, che il Pnrr italiano è al momento in sofferenza. E’ la Commissione, e non la Corte, a tenere tuttora sospeso il giudizio sulla terza rata del Piano, ed è la Commissione, e non la Corte, a sollecitare il governo nella definizione delle modifiche al Piano e al varo del RePowerEu.