Editoriali
La sconfitta di Salvini sugli scioperi dei treni
Lo stop si poteva evitare non precettandolo ma risolvendo un guaio reale. Il tentativo di mediazione è arrivato troppo tardi
Gli annunci del giorno prima, “se necessario interverrò, gli italiani non devono pagare per questi scioperi”, un incontro questa mattina e poi un tavolo ufficiale di confronto, col ministero a mediare, convocato nel pomeriggio, e ancora un tentativo serale per ridurre la durata degli scioperi (che si concluderanno per fortuna alle 15 di domani e non più alle 14 di venerdì). Il ministro Matteo Salvini ha passato un giorno e mezzo a fare confusione senza ottenere molto. Il segretario della Cisl Luigi Sbarra aveva chiuso il discorso già nella mattinata, ribadendo, con il conforto di tutte le altre sigle, che non c’era nessun margine per la revoca dello sciopero dei ferrovieri. Mentre resta sospesa la risposta dei sindacati alla richiesta di accorciare la durata dell’astensione dal lavoro. Il blocco dei trasporti ferroviari a metà luglio, pur con le garanzie e fasce orarie protette, può suonare come uno smacco per il governo. Ma prenderla sul personale è un po’ abboccare all’amo.
Il ministro dovrebbe mantenere un ruolo di indirizzo e di garanzia. Lo sciopero (che Salvini ha precettato) nasce da questioni contrattuali e di tutela della qualità del lavoro molto specifiche, anche differenziate per le due principali aziende del trasporto ferroviario in Italia. E lo stesso vale per le astensioni dal lavoro e le proteste nel settore aereo. Nulla a che fare con le agitazioni ricorrenti e generiche del trasporto pubblico locale, quelle tipiche di molti venerdì. Qui ci sono serie vertenze aperte, in un settore dove la concorrenza ha portato dinamismo e visione imprenditoriale e dove i lavoratori vogliono contare. Salvini avrebbe dovuto interessarsene prima, volendo giocare un ruolo da mediatore nella vicenda, perché si parla anche di sicurezza e di formazione del personale. In altri paesi europei gli scontri sui contratti nei trasporti hanno avuto una durata maggiore e una durezza da noi neanche immaginata. Turisti e viaggiatori avranno un giorno di difficoltà, ma nulla di paragonabile con ciò che hanno visto nei loro paesi. Dal giorno dopo il ministro potrà approfondire il dossier, senza affanni e convocazioni imperiose