editoriali
Sul salario minimo la maggioranza trolla l'opposizione
Il centrodestra deposita un emendamento soppressivo e archivia la proposta delle opposizioni, denunciandone l'impraticabilità. Con buone ragioni
Il centrodestra ha fatto bene a depositare un emendamento soppressivo degli otto articoli con cui le opposizioni (tranne Italia Viva) vorrebbero introdurre il salario minimo legale di nove euro. La proposta di legge firmata da Giuseppe Conte, Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli, Matteo Richetti e Riccardo Magi non è un tentativo vero di affrontare un problema che meriterebbe ben altra attenzione. I limiti di quel tentativo sono stati più volte richiamati: dalla confusione sull’estensione dei minimi contrattuali all’imposizione di una soglia per legge fino alla determinazione di un valore (nove euro, appunto) che sarebbe il più alto d’Europa e tra i più alti al mondo, in proporzione al salario mediano. Questo modo di procedere rischia di avere come obiettivo non la questione salariale, ma un obiettivo molto più circoscritto. Cioè ingaggiare Giorgia Meloni sul ring a chi spara la cifra più alta, ben sapendo che, se l’opposizione non ha alcun vincolo, la maggioranza non può permettersi di dare il via libera a una norma che può spingere centinaia di migliaia di lavoratori verso la disoccupazione o il sommerso. In altre parole, il centrosinistra non aveva cominciato una battaglia politica, ma alzato un vessillo elettorale con cui sperava di mettere in difficoltà il governo da qui alle elezioni europee del 2024. Il centrodestra, per pavidità, avrebbe potuto tentennare, trovandosi stretto tra una proposta irricevibile e il cerino acceso di abbassare i nove euro. Invece ha avuto buon gioco a denunciare l’impraticabilità della proposta, avendo al suo fianco anche una parte non minoritaria del sindacato. Così la maggioranza chiama il bluff e all’opposizione non resta che ammainare la bandiera, della quale resterà solo qualche stanca protesta. Schlein & Co hanno perso un’occasione di mettere il governo alle strette, perché hanno offerto una facile via d’uscita al centrodestra, e contemporaneamente hanno dato la sensazione di non avere nulla in comune se non degli slogan superficiali. Partirono per trollare e finirono trollati.