il piano mattei di Giorgia

"Il diritto a non dover migrare" passa anche dalla sicurezza alimentare. Meloni incontra i presidenti africani

Redazione

Dopo la conferenza sulle migrazioni, la premier ha incontrato alla Fao i capi di stato e di governo del Corno d'Africa. Da domani i bilaterali con i rappresentanti di Bangladesh e Vietnam. Venerdì il giorno più atteso: l'incontro con Biden alla Casa Bianca

Il "piano Mattei" di Giorgia Meloni si arricchisce di un altro tassello. Dopo il vertice sulle migrazioni alla Farnesina con conferenza i capi di Stato di Tunisia, Emirati Arabi Uniti, Mauritania, Libia e Cipro e ai primi ministri di Libia, Etiopia, Egitto, Malta, Giordiania, Nigeria, Algeria e Libano, oggi, sempre a Roma, l'apertura di quello della Fao sui sistemi alimentari. Il collegamento tra la conferenza sulle migrazioni di domenica e il vertice di quest’oggi lo ha fatto direttamente Meloni citando Papa Francesco durante la plenaria: "Dobbiamo assicurare il diritto a non dover emigrare, la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra. La sicurezza alimentare rappresenta un tassello fondamentale per questo cammino". La premier ha anche parlato della necessità di “creare un modello di cooperazione non predatorio con i paesi africani per garantire loro la possibilità di vivere delle loro risorse. L'Italia è uno dei paesi più vicini all'Africa, che non è un continente povero ma è pieno di risorse". Dunque la promessa per il prossimo anno, quando l’Italia ospiterà in Puglia il G7: “La sicurezza alimentare sarà una priorità anche nell'agenda del G7 durante la nostra presidenza".

Se ieri Meloni aveva avuto diversi incontri bilaterali con i governanti venuti alla conferenza, l’evento di oggi è stato l’occasione per un pranzo con i capi di stato e di governo del Corno d’Africa (il primo ministro della Repubblica Federale di Etiopia, Abiy Ahmed, il presidente della Repubblica Federale di Somalia, Hassan Sheikh, il primo ministro della Repubblica di Gibuti, Abdoulkader Kamil Mohamed e il vicepresidente della Repubblica del Kenya, Rigathi Gachagua).

A rendere l’evento ancora più sentito c'è anche il mancato rinnovo russo dell’accordo sul grano che consentiva il transito della produzione ucraina. “Esortiamo la Russia a rivalutare la sua decisione", ha detto Meloni. “La guerra ha avuto un impatto terribile nella distribuzione mondiale degli alimenti”. E a subirlo più di altri sono Egitto e Tunisia, i principali paesi da cui partono i migranti verso le coste del sud Italia, che prima della guerra importavano da Russia e Ucraina oltre il 90 per cento del loro fabbisogno di grano. Proprio alla Tunisia Meloni sta riservando le maggiori attenzioni. Una settimana fa era lì insieme alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il premier olandese Mark Rutte per firmare il memorandum of undestanding Ue-Tunisia insieme al presidente tunisino Kais Saied. La Tunisia è la porta principale per raggiungere illegalmente l’Italia e l’Europa. Sempre oggi, dopo dieci anni di interruzione, è stata riaperta la tratta commerciale verso la Libia: questa mattina è decollato il primo volo Ita Roma-Tripoli con a bordo il primo ministro Dbeibeh (che ieri era a Roma in veste di ospite della conferenza). L'altro rappresentante tunisino, Saied, questa mattina ha incontrato al Quirinale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Alla tela che la premier sta tessendo mancano ancora alcuni passaggi. Domani Meloni vedrà a palazzo Chigi anche il premier del Bangladesh Sheikh Hasina (il Bangladesh è il quarto paese per numero di immigrati arrivati clandestinamente in Italia dall’inizio del 2023, a fine 2022 era il terzo), mentre mercoledì sarà il turno del presidente della repubblica socialista del Vietnam Vo Van Thuong. Tutti questi eventi precipitano sul giorno più importante: venerdì. Meloni sarà alla Casa bianca per un bilaterale con il presidente americano Joe Biden. Tutto il lavoro fatto in questi giorni sarà, sotto forma di diversi dossier, portato all’attenzione del presidente Usa, dall’instabilità africana legata al mancato rinnovo dell’accordo sul grano fino al prestito del Fmi alla Tunisia ancora bloccato.