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Editoriali

Il Terzo polo è finito. Prenderne atto, Giachetti ha ragione

Redazione

L'unico modo per ridare slancio ai percorsi di Azione e Italia viva è separare le strade, competere e coltivare le identità dei due diversi gruppi

Il sedicente Terzo polo è attraversato da tensioni che non danno segnali di arresto. Si trattava di un’alleanza elettorale che non è mai diventata una formazione unica e nemmeno una coalizione, come dimostra il fatto che sulle principali questioni in discussione, il salario minimo, la commissione Covid e l’elezione diretta del premier, le posizioni di Italia viva e di Azione divergono radicalmente. Roberto Giachetti, parlamentare di Italia viva, in una dichiarazione a Radio Leopolda si è chiesto se “ha ancora un senso… stare insieme?”. Concludendo che sarebbe meglio separare i gruppi parlamentari, anche se ha aggiunto che “questa è la mia opinione che sicuramente non sarà raccolta”. Non ha ragione a esserne tanto sicuro: il fatto è che l’evoluzione politica postelettorale ha fatto intendere che il disegno di un “Terzo polo” intermedio tra gli schieramenti principali e in grado di raccogliere le defezioni di chi da una parte e dall’altra non si riconosce nello schema (quasi) bipolare uscito dalla urne era illusorio.

Le differenze interne agli schieramenti ci sono e verranno messe in luce in vista delle elezioni europee, ma non portano a rotture nel centrodestra di governo mentre il confronto e l’incontro tra Pd e 5 stelle porta piuttosto a divisioni nel Terzo polo, che in parte si accoda alle battaglie dell’opposizione e in parte rifiuta questa logica come “frontista”. Non si tratta solo delle differenze caratteriali tra Carlo Calenda e Matteo Renzi, che in qualche modo si potrebbero superare, ma del venir meno del progetto sul quale era nata l’idea di una terza forza attrattiva in ambedue le direzioni. Lo spazio che forse esiste è quello di una proposta tecnocratica che può essere utile nel correggere gli svarioni di una compagine di governo spesso arruffona e, forse, quello di una presenza manovriera in grado di fornire idee e appoggio a una riforma istituzionale necessaria ma difficile. Sono due spazi modesti ma reali e soprattutto diversi, che potrebbero esprimersi meglio se liberati da una finta coalizione priva di una funzione reale.