la polemica
Il caso De Angelis e le parole sulla strage di Bologna scuotono il governo
L'ex parlamentare ed esponente di Terza posizione, portavoce del presidente del Lazio Rocca, "assolve" Fioravanti, Mambro e Ciavardini per la strage del 2 agosto 1980. Schlein: "Non accettiamo tentativi di riscrivere la storia". Maggioranza in apprensione. Il ministro Piantedosi: "La matrice neofascista è accertata"
"So per certo che con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini". E' con queste parole che Marcello De Angelis, attuale portavoce istituzionale del presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, si è ritrovato al centro delle polemiche. Innescando un nuovo caso politico che sta avendo ripercussioni sullo stesso governo. Giornalista, ex parlamentare, De Angelis è anche un ex militante di Terza posizione. Di Ciavardini è cognato. Conosce bene coloro che sono stati condannati come autori materiali della strage che il 2 agosto 1980 causò la morte di 85 persone. Ha scelto di difenderli, sebbene nello stesso governo la scorsa settimana, durante le commemorazioni, ci siano stati esponenti di primo piano come il ministro della Giustizia Carlo Nordio o il presidente del Senato Ignazio La Russa a commentare: "La matrice neofascista dell'attentato è accertata". E insomma a meno di una settimana di distanza, il caos sul significato e sulle responsabilità da attribuire a quella strage continua a produrre strascichi sulla maggioranza. Se è vero che stando alle ricostruzioni la premier avrebbe detto al presidente del Lazio di risolversela lui la questione, e in fretta. Evitando che diventi un caso nazionale. E ancora oggi il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi intervistato dal Corriere della sera ha voluto ribadirlo: "Quella di Bologna è una strage di matrice neofascista".
Le opposizioni sono già sul piede di guerra a chiedere le dimissioni di De Angelis. A maggior ragione dopo un post di ieri dello stesso portavoce, in cui dice: "Come ogni libero cittadino di questa nazione ho esercitato il diritto di esprimere la mia opinione su un evento solstiziale della nostra storia". Aggiungendo: ". Se dovrò pagare per questo e andare sul rogo come Giordano Bruno per aver violato il dogma, ne sono orgoglioso". Insomma, prendendosi a pieno la responsabilità della propria uscita. "Non accettiamo ulteriori depistaggi e tentativi di riscrivere la storia, negando le evidenze processuali per cui l’associazione dei familiari delle vittime si è tanto battuta e la Procura di Bologna e le forze dell’ordine hanno lavorato in questi anni. Tantomeno se questi tentativi ignobili arrivano dal portavoce del Presidente della Regione Lazio: servono dimissioni immediate. Se non riescono a farlo i vertici della Regione Lazio, sia la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a prendere provvedimenti immediati", ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein. Ma contro il portavoce di Rocca si sono compattate anche le altre forze di minoranza. "Per fortuna lei vive in un paese democratico che ha sconfitto i fascisti (come lei). Nessuno la manderà al rogo. Il martirio le è precluso, le dimissioni no", ha scritto il leader di Azione Carlo Calenda. Mentre per il capogruppo alla Camera del M5s Francesco Silvestri le parole di De Angelis "sono vergognose e inaccettabili. Per quanto Meloni resterà in silenzio? E come dovremmo interpretare il silenzio della presidente della commissione Antimafia Colosimo?".
Fatto sta che sempre ieri il presidente Rocca ha derubricato le parole di De Angelis in quanto espresse "a titolo personale, mosso da una storia familiare che lo ha segnato profondamente e nella quale ha perso affetti importanti". Aggiungendo però che una decisione, a proposito del suo futuro, verrà presa nei prossimi giorni, "ma solo dopo averlo incontrato". C'è però chi tra Lega e Forza Italia ha mal digerito l'uscita dell'esponente dell'estrema destra. E non a caso ha rimarcato come c'entri poco con la storia del centrodestra. "Non lo abbiamo scelto noi", per dirla con le parole di un esponente laziale del Carroccio.