Editoriali
Gli incomprensibili “No” delle regioni ai Cpr
I governatori si scoprono autonomisti, ma su materie che non sono loro
I costruendi – per ora solo annunciati – nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) saranno utili oppure no per gestire almeno una parte di quel problemuccio, l’immigrazione clandestina, che persino un laburista come Keir Starmer mostra di prendere sul serio? Sono eticamente accettabili (con tanto di detenzione ampliata a 18 mesi)? E soprattutto: dove costruirli? Alle prima domanda si può rispondere, con un buon margine di sicurezza, di no: sono un armamentario vecchio e spuntato. Alla seconda si può legittimamente rispondere di no, ma è ammesso anche il sì. Alla terza, la risposta in un paese con un minimo di ordine istituzionale e logico dovrebbe essere semplice: dove lo stabilirà il governo centrale. Al quale sarà poi in carico anche l’onere della verifica di funzionamento e utilità. Davvero è poco comprensibile dunque, al di là della polemica strumentale di schieramento e di un tasso evidente di populismo “nimby”, l’alzata di scudi di molti governatori che hanno dichiarato che non daranno l’assenso a mettere Cpr nelle loro regioni.
Tra i primi il presidente toscano Giani e quello dell’Emilia-Romagna Bonaccini. “Non darò l’ok a nessun Cpr”, ha tuonato Giani, apripista con motivazioni morali e politiche. “Non siamo disponibili a nulla se parliamo di parole al vento”, ha detto Bonaccini. Ma di quale autorità si sostanziano quei no? Lo stesso Giani aveva in precedenza affermato: “E’ un argomento che riguarda il ministero dell’Interno e le competenze statali, la mia è un’opinione come quella che si può esprimere da parte di un ente non competente in materia”. Vale per tutti, la competenza è centrale e fa specie notare che alcuni dei presidenti contrari ai Cpr siano tra quelli che duramente si oppongono all’autonomia regionale. In questo caso, invece, dovrebbero essere le regioni a decidere? “Prima rispondi a come integrarli e accoglierli, dar loro da mangiare e dormire”, ha ben detto Giani. Spiace qui ricordare le inchieste per caporalato e sfruttamento degli irregolari che colpiscono anche le regioni più accoglienti e virtuose.