editoriali
Tajani, il complottista moderato
Il dramma del ministro degli Esteri costretto a seguire le mattate di Matteo Salvini e Giorgia Meloni
Per certi versi è il vero eroe tragico di questa stagione di governo. Ché il ruolo del complottista riesce bene quando si può urlare e minacciare sfracelli. Invece Antonio Tajani no, neppure questo lusso può concedersi. Lui, ministro degli Esteri, capo di un partito che pretende di rappresentare l’ancoraggio della destra sovranista ai valori dell’europeismo, è costretto, ogni tanto, a fare il complottista moderato: quello che evoca cospirazioni ma restando in giacca e cravatta. E l’esito, si capisce, è quel che è: un po’ comico, o meglio umoristico, nel senso che dell’umoristico dava Pirandello, includendovi insomma un che di commovente.
Venerdì, per dire, Tajani provava a misurare le parole durante un colloquio delicato con la sua omologa tedesca, Annalena Baerbock. Poi, però, siccome Meloni e Salvini continuavano a berciare contro Berlino, anche il Nostro s’è lasciato andare. Alzando la voce: ben sette navi di ong nei pressi di Lampedusa, e pagate dalla Germania! Dunque, la sua intervista a Repubblica: “Mi pare strano, preoccupante. E’ una coincidenza? Cosa c’è dietro? Mi faccio domande”. Poi s’è scoperto che le sette navi non erano sette, e non erano pagate da Berlino. Ma vabbè. Il complottista moderato, nell’angoscia di dover tenere toni pacati ed essere un collante anche degli estremismi degli altri (non certo il suo), è costretto ad alludere: come quelli che “so, ma non ho le prove”.
Ieri, nuova puntata. Meloni e Salvini accusano i giudici di sabotare l’azione del governo di contrasto all’immigrazione. E Tajani, che vorrebbe ma non può, o che non vorrebbe ma deve, eccolo che alla Stampa dice: “Vedo un approccio un po’ strano”. Perché, spiega riferendosi alla magistratura, “non intendo dire che sia legata a un partito, ma che ci sia una certa ideologia dietro certe sentenze”. Dove si dimostra che il complottista moderato, dovendo a volte seguire i complottisti veri, testimonia dell’illusione di dare una veste ragionevole alle lagne del sovranismo: che, semplicemente, sono incompatibili con qualsiasi idea di ragionevolezza.