Roma
Meloni: "Sul premierato cercheremo il consenso in Parlamento. Altrimenti decideranno gli italiani"
"Abbiamo avuto il coraggio di intervenire sulla Costituzione. Sbagliata l'equazione per cui un piccolo imprenditore è un evasore". La premier è intervenuta all'assemblea della Cna con un lungo video messaggio. Tra i temi anche natalità, occupazione femminile e detassazione, con al centro la manovra finanziaria
"L'artigianato e le piccole e medie imprese sono il fiore all'occhiello del nostro paese, senza di loro non esisterebbe il Made in Italy. Rappresentate un patrimonio che il governo vuole ascoltare, proteggere e valorizzare". Parte da qui Giorgia Meloni intervenendo con un video messaggio all'assemblea nazionale della Cna, la confederazione nazionale dell'artigianato a Roma. La premier traccia il quadro dei provvedimenti del primo anno di governo e spiega come la manovra del prossimo anno sia stata una concentrazione di tutto quello a disposizione su "poche misure ma espansive". Per i piccoli imprenditori, poi, ricorda lo scaglionamento fiscale dell'Irpef di novembre, una "misura tanto attesa".
Meloni continua parlando del Fisco e spiega come "l'equazione secondo la quale un artigiano e il piccolo imprenditore deve essere un evasore per nascita è una menzogna che per troppi anni ha giustificato un atteggiamento persecutorio e infondato". L'obiettivo è dunque ricucire la fiducia tra stato e cittadini secondo un principio: "Lo stato e i cittadini sono esattamente come un'azienda" spiega Meloni. "Più lavorano bene insieme, più si produce ricchezza. Non abbassiamo la guardia sulla lotta all'evasione - continua - perché nel decreto della riforma fiscale ci occupiamo anche di inserire questa lotta, purché sia contro l'evasione vera e non quella presunta".
"Il lavoro - prosegue Meloni - è l'altra nostra priorità assoluta. Motivo per cui abbiamo deciso di abbassare le tasse attraverso la formula 'più assumi, meno paghi' e abbiamo detassato i fringe benefits. Tutto questo sta dando i suoi frutti, soprattutto sul tema del mercato del lavoro: ci sono una serie di record occupazionali". Sono segnali "incoraggianti", dice la premier, che comunque continua a ribadire come ci sia bisogno "di lavorare molto anche sui temi come il disallineamento delle competenze e il divario di occupazione, soprattutto quello femminile".
Su quest'ultima questione Meloni dice di non volersi "girare dall'altra parte" e che sarà disposta a fare tutto quello che è necessario fare per superare e battere quel gap. "Sono molte le donne costrette a dimettersi dal lavoro dopo essere diventate madri, sono ancora troppe le mamme lavoratrici che non vedono riconoscersi una carriera, sono troppe ancora le donne che rinunciano a mettere al mondo un bambino perché vedono la maternità come una scelta alternativa alla realizzazione professionale. Non possiamo permetterlo, dobbiamo agire su questo fronte per costruire una cultura e una concezione del lavoro che non consideri la maternità come una penalità ma, anzi, che l'accompagni e valorizzi l'esperienza di diventare genitore". Per questo motivo Meloni ribadisce i provvedimenti dedicati alla natalità inseriti nella manovra (potenziamento del congedo parentale e decontribuzione delle mamme lavoratrici).
Collaterale al lavoro "c'è poi un problema di salari" continua la premier. "Il problema non si risolve in Italia con il salario minimo orario e credo che in cuor loro lo sappiano anche coloro che oggi lo considerano una priorità e che quando erano al governo si sono ben guardati dall'approvare quella misura". Finora la premier pensa che si sia vista la volontà del governo nell'intervenire sui salari, a partire dalla "detassazione sul lavoro". Ma il lavoro da fare è tanto per via di una "costante stagnazione dei salari e delle decontribuzioni degli ultimi dieci anni". Oggi "l'Italia continua a crescere in maniera minore rispetto agli altri grandi paesi europei e le ragioni sono molte: il ritardo infrastrutturale, mancata strategia industriale, limitarti investimenti in ricerca e sviluppo, il divario Nord-Sud, lo scarso protagonismo internazionale e la scarsa capacità che l'Italia ha avuto nel difendere i propri interessi. Tutte queste cause a loro volta però dipendono da una sola endemica ragione: la debolezza della politica".
Si arriva così al tema delle riforme, al premierato: "Un governo con un orizzonte breve tenderà a privilegiare gli interessi che portano consenso immediato alle scelte strategiche e spenderà soldi che potranno essere distribuiti subito anche indebitandosi piuttosto che concentrarsi sugli investimenti. Quando i governi cambiano continuamente nessuno a livello internazionale si fida e si perdono molte occasioni e una politica di passaggio è debole anche in rapporto alla burocrazia e agli interessi particolari e non riesce a combattere le ingiustizie, i privilegi e forse anche il malaffare. Negli ultimi cinque anni sono cambiati i protagonisti. L'unica cosa che non è cambiata è la base del sistema, cioè la Costituzione, dove ora abbiamo avuto il coraggio di intervenire. Vogliamo un futuro dove i cittadini possano scegliere da chi farsi governare e chi governa abbia cinque anni per realizzare i suoi porgetti". Per la realizzazione della riforma la premier ribadisce che cercherà "l'ampio consenso in Parlamento, ma che se non sarà possibile allora saranno gli italiani a esprimersi con un referendum".