editoriali
In Italia lo sciopero si trasforma sempre più in farsa
Qui da noi non c’è un “regime” e la Cgil non fa quel che faceva Solidarnosc in Polonia. C'è bisogno di abbassare i toni
La Cgil e la Uil hanno deciso di ottemperare alla precettazione e di ridurre a quattro ore la durata dello sciopero nei trasporti. Di questa scelta ragionevole hanno dato però motivazioni che non lo sono. Il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ha criticato la precettazione parlando di “squadrismo istituzionale”, quello della Cgil, Maurizio Landini, ha sostenuto che si mette in discussione il diritto di sciopero, che secondo lui sarebbe un diritto “soggettivo e individuale”. Pur con tutta la comprensione per le esigenze propagandistiche, la denuncia delle scelte del governo come espressione di una sorta di “regime” illiberale accompagnata alla loro accettazione “per necessità” risulta stridente.
Se ci si batte contro l’avanzata di un regime oppressivo che mette in discussione il diritto costituzionale allo sciopero non ci si preoccupa delle multe: non lo fecero i lavoratori antifascisti italiani nel marzo del 1943, non lo fecero gli operai di Danzica guidati da Solidarnosc che si battevano contro il regime comunista. In Italia non c’è niente di lontanamente paragonabile: ci sono atti compiuti in forza di leggi, dopo la delibera di un Garante sugli scioperi, di un paese democratico e se si ritiene che ci siano state forzature c’è la possibilità di impugnarli. La regolamentazione del diritto di sciopero non è stata inventata da questo governo, serve da anni a contemperare quel diritto con altri diritti, com’è ovvio in un sistema democraticamente ordinato. Non è in discussione il diritto di sciopero, ma il carattere di “questo” sciopero. Chi lo ha proclamato naturalmente ne sostiene le ragioni, il governo contro il quale è stato indetto sostiene le sue, il che non è altro che una dialettica fisiologica che non conviene a nessuno far tracimare in una negazione reciproca dei ruoli e delle responsabilità. Si dirà che sono solo parole, ma capita che parole esasperate per scopi propagandistici diventino poi il pretesto per passare a comportamenti pericolosi. E di questo non c’è proprio bisogno.