editoriali
La riforma costituzionale non funziona
Orpelli inutili, messaggio ambiguo. Le istituzioni non si cambiano così
La proposta di riforma costituzionale che il centrodestra sta preparando per istituire l’elezione diretta del presidente del Consiglio, siccome corrisponde a un impegno politico assunto dalla maggioranza, è bene che venga conosciuta e valutata al più presto. Siccome è impossibile che ottenga una maggioranza dei due terzi alle Camere, sarà sottoposta agli elettori in un referendum confermativo, il che dovrebbe consigliare ai proponenti di evitare di mettere troppa carne al fuoco: agli elettori conviene presentare una proposta semplice e chiara in modo che possano decidere sul merito del tema principale senza farsi sviare da orpelli non necessari. Poi saranno loro a decidere se vale la pena cambiare un sistema istituzionale che, con tutti i suoi difetti, funziona meglio di tanti altri.
Nei testi che circolano, oltre all’elezione diretta del presidente del Consiglio, vengono introdotte altre novità, una sulla legge elettorale che deve garantire al candidato più votato il 55 per cento dei parlamentari, il che, senza nemmeno stabilire una soglia minima, rischia di creare situazioni che contrastano col principio costituzionale della rappresentatività. Inoltre si prevede l’esaurimento dei senatori a vita, che non saranno rimpiazzati. Una proposta di questo tipo sembra fatta apposta per creare dubbi sulla volontà di mantenere intatti i poteri del Quirinale, che già obiettivamente risentono dell’automatismo nella nomina del presidente del consiglio. Naturalmente è del tutto lecito essere favorevoli o contrari al premierato, è bene che ci sia il tempo per discuterne pubblicamente pregi e difetti, ma sarebbe utile che la discussione ora ed eventualmente il voto tra due anni (il tempo prevedibile per la doppia approvazione identica di una proposta di riforma costituzionale) si concentri sull’essenziale. Mettere troppa carne al fuoco, su questioni di questa natura, ha già portato la fallimento di altre riforme pur votate dal Parlamento, da quella del centrodestra a quella di Matteo Renzi. Sarebbe bene che se ne tenesse il debito conto.