Editoriali
Lo sciopero dei medici ha qualche ragione
La sanità ha bisogno di rafforzare il personale e rendere più appetibile il lavoro nel sistema nazionale, anche economicamente. Il governo ha una strategia?
[Aggiornamento martedì 5 novembre ore 11]
Ha raggiunto ad ora l'85% di adesioni lo sciopero nazionale di 24 ore dei medici, dirigenti sanitari e infermieri iniziato alla mezzanotte del 5 dicembre. Lo rendono noto i sindacati che hanno proclamato la protesta: il sindacato Cimo Fesmed, il maggiore dei sindacati degli ospedalieri Anaao Assomed e il sindacato infermieri Nursing Up. Secondo le previsioni, l'adesione massiccia potrebbe fare saltare 1,5 milioni di visite, esami e interventi. La protesta non si esaurirà con la giornata del 5 dicembre. Il 18 è infatti in programma un nuovo sciopero deciso dalle altre sigle della Intersindacale medica. Sotto attacco è la manovra, che "non tutela medici e cittadini", e lo slogan unico è "Salviamo il Ssn".
In una inspiegabile condizione di non ascolto reciproco e di mancanza di dialogo si è arrivati a indurire lo scontro fino allo sciopero dei medici di oggi, con milioni di prestazioni da cancellare, difficoltà per molti cittadini, nervosismi e accuse reciproche. Eppure si era partiti da un buon rinnovo contrattuale e da intenzioni riformatrici forti (in teoria) dell’esperienza pandemica. Purtroppo il filo del dialogo si è perso proprio con l’avvicinamento alla manovra, mentre i fondi del Pnrr non hanno trovato spazio per il recupero di qualità e organizzazione della professione medica. Così si è tornati allo scambio squilibrato tra bassi stipendi ospedalieri, relativa libertà di arrotondare con il privato e, soprattutto, qualche vecchio privilegio pensionistico. Il tutto determinato da decisioni dovute a epoche passate, sulle quali sarebbe stato bene tirare un segno e ripartire.
Il calcolo pensionistico più favorevole servì a compensare, a carico della fiscalità generale, le retribuzioni troppo basse (se confrontate con le responsabilità e l’impegno richiesto). Chiaramente non era possibile tagliarle di botto per chi era vicino alla pensione. Situazione che ha determinato la minaccia di fuga improvvisa verso la quiescenza, scelta messa in atto da molti medici dotati anche dei requisiti minimi. Il governo dovrà trovare una soluzione e c’è la garanzia data da molti esponenti della maggioranza. Per il futuro andrebbe però riequilibrata la partita. Della professionalità medica non si può fare a meno. Contrattualmente i medici hanno capito di essere forti e sapranno pretendere miglioramenti, per evitare la fuga non verso la pensione ma verso l’estero. I calcoli previdenziali speciali però vanno aboliti per chi è almeno a metà della vita lavorativa. Se ne incaricherà il passaggio al contributivo pieno, ma un segnale serve anche prima. E il vero punto dello sciopero in fondo è questo: rafforzare il personale e rendere più appetibile il lavoro nel sistema sanitario nazionale, anche economicamente. Il problema non solo i soldi ma è una strategia. Il governo ce l’ha?