Editoriali
Tra Meloni e Salvini non c'è concorrenza
Mes, balneari e bancarelle: la presidente del Consiglio insegue il leader della Lega per meglio fregarlo
Ampliare il consenso anche accarezzando per il verso giusto le pulsioni più populiste del proprio elettorato per non sacrificare la capacità di governo. Giorgia Meloni ha deciso di inseguire la politica sbrigliata del suo avversario/alleato Matteo Salvini su almeno due argomenti che avrebbero potuto farle rischiare l’isolamento in Europa: il Mes, come abbiamo già visto nelle settimane scorse, e la concorrenza (sulla quale la presidente del Consiglio ha ricevuto un mezzo rimprovero del Quirinale martedì). L’approssimarsi delle elezioni europee, la necessità di raccogliere voti e di non concederne alla Lega, spinge dunque Meloni a scegliere accuratamente dei temi sui quali restare ideologicamente ancorata alle pulsioni sovraniste scommettendo però sul fatto che la sua evidente discontinuità nel modo di governare rispetto al salvinismo (dall’immigrazione fino al Patto di stabilità) la protegga dal rischio di isolamento politico nella Ue.
La scommessa è probabilmente destinata ad avere successo. La mancata ratifica del Mes non ha provocato sconquassi, come si è visto. E il ritardo italiano sulla concorrenza si potrà colmare dopo, una volta superata la fase elettorale. Con questo atteggiamento tattico Meloni segnala la più evidente differenza che passa tra un politico e un situazionista. Insomma la differenza tra lei e Salvini. Per Salvini il dito medio, l’urlo inconsulto, la sparata o il gesto di rottura sono un atto fine a se stesso. Meloni al contrario sa che prendere i voti non è un gesto artistico né una capriola: ma serve a fare politica, cioè a modificare (se possibile) la realtà. Dunque terrà bassa la Lega concedendo in campagna elettorale molto al populismo salviniano, con il Mes e la concorrenza, per poi fare (com’è stato finora) una politica che alla fine contribuirà all’annientamento di quello stesso populismo.