Tra calcio e politica
Lo stadio della discordia per il sindaco Dario Nardella
Il primo cittadino di Firenze, che in questi dieci anni ha dovuto scontrarsi con l'eredità politica di Renzi, mai avrebbe pensato che la conclusione del proprio mandato sarebbe stata così difficile. A pesare è anche il Franchi, e non si tratta solo di una questione di tifo
Firenze rischia di diventare uno dei pezzi più complessi per completare il puzzle geopolitico delle prossime amministrative. Il capoluogo toscano è uno dei baluardi storici del centrosinistra italiano ma la recente fluidità politica della Toscana potrebbe raggiungere anche Palazzo Vecchio. Dario Nardella non si può ricandidare dopo due mandati in cui ha attraversato tutte le vicissitudini del partito nazionale: nel primo ha dovuto convivere con l’eredità politica di Matteo Renzi, nel secondo ha cercato una propria indipendenza ma dopo dieci anni da primo cittadino probabilmente non si sarebbe mai aspettato di concludere la propria esperienza tra così tante difficoltà.
Per una volta non parliamo del classico guazzabuglio tra le correnti e gli alleati del Pd che trasforma la scelta del candidato sindaco in un difficile gioco di equilibri, ma della questione stadio. Domenica sera, sotto una pioggia battente, prima del calcio d’inizio di Fiorentina-Udinese, è stata ufficializzata la rottura tra una parte della Curva Fiesole e il sindaco di Firenze. “Nardella tranquillo alla copertura ci s’è pensato noi”, recitava uno striscione piazzato in bella mostra sotto una serie di gazebo montati sulla parte più alta degli spalti. Non erano da meno i cori e, all’esterno, non sono mancati nemmeno dei volantini con la scritta “Franchi tiratori” sotto a una foto del sindaco a fianco di Eugenio Giani. Insomma, il tema stadio sarà tutt’altro che irrilevante per la politica toscana. La protesta stava montando da giorni – bastava ascoltare le radio fiorentine che riportano gli umori dei tifosi a flusso continuo – dopo le polemiche in merito al restyling dello stadio comunale, ragion per cui la Fiorentina dovrebbe cercarsi un altro impianto dove giocare durante i lavori.
Un problema forse sottovalutato, i sondaggi dimostrano che il Pd è ancora il primo partito cittadino, ma esiste un pacchetto di voti legato alle sorti della Fiorentina? Probabilmente sì. Nessuno ancora sa se sarà determinante, ma esiste. Non parliamo del classico rapporto tra il tifo organizzato e la politica, stavolta il problema è più profondo. Innanzitutto uno stadio, per di più in mezzo alla città, è una cosa seria anche per chi non segue il calcio: si parla dell’ambizione di una comunità tra urbanistica e futuro del territorio, in ballo ci sono posti di lavoro e non solo. Inoltre l’elettore moderno non vota più per tradizione e il rischio che la fede politica possa scontrarsi con quella calcistica è forte. Nel centrodestra lo sanno bene: la Lega è uscita con un comunicato per titillare coloro che hanno protestato platealmente contro Nardella, ma lo sa anche la stessa Fiorentina che, tramite Joe Barone, nei giorni scorsi aveva lanciato un messaggio contro “chi, da sempre, amministra il potere a Firenze”.
I destinatari sono chiari ma questi sentimenti contrastanti rischiano di essere trasversali agli schieramenti politici: lo stesso Rocco Commisso non incontra i favori di tutti, rimanere simpatici ai fiorentini è impossibile, e questa estrema fluidità potrebbe valere un buon numero di preferenze.
In casa Pd si cerca di evitare un ballottaggio che potrebbe essere pericoloso, ma il recente tavolo istituzionale di fronte al prefetto ha dimostrato che non è sufficiente essere tutti dello stesso partito per raggiungere un accordo se poi non si riescono a evitare le distinzioni tra Firenze, Empoli e Regione. Se da un lato è comprensibile che il sindaco non voglia perdere i 150 milioni di euro per i lavori, dall’altro è lampante come non sia mai nata una nuova dimensione della città, quella della “Grande Firenze”, fuori dai propri confini comunali. Intanto Nardella ha risposto agli striscioni parlando dell’inizio dei lavori e su come da tempo la Fiorentina sapesse di dover giocare lontano dal Franchi. A pesare resta l’assenza di una soluzione ufficiale: i fiorentini sbuffano, lo fanno sempre in verità, ma il timore del Pd è che stavolta possa succedere anche all’interno della cabina elettorale.