PASSEGGIATE ROMANE
"Non candidarti, Elly". Nel Pd si ipotizza già il dopo Schlein
Da Romano Prodi a Enrico Letta, passando per Bonaccini, Orlando, Provenzano: nessun big sostiene la corsa della segretaria alle Europee. Ma se all'interno s'inizia a immaginare il futuro del partito senza la sua prima leader donna, è difficile decidere chi sarà a sostituirla
Da Romano Prodi a Enrico Letta, passando per Stefano Bonaccini, Andrea Orlando, Beppe Provenzano e Michele Emiliano, non c’è un big del Pd, o quasi, che non abbia invitato Elly Schlein a non candidarsi. Gli unici finora silenti sono stati Dario Franceschini e Lorenzo Guerini. Ma da vecchi democristiani i due esponenti del Partito democratico sanno che è meglio non esporsi in questi frangenti. La zampata finale, semmai, la si darà in un secondo tempo.
Tutto questo dibattito che si è acceso sulla candidatura della segretaria del Pd ha indotto molti a pensare che sia già partita l’operazione “dopo Schlein”. Anche perché i “vecchi” leader che a suo tempo l’appoggiarono alle primarie da lei vinte contro Stefano Bonaccini quando decisero di sostenerla lo fecero proprio in vista delle elezioni europee, onde non prendere una seconda sonora batosta dopo quella delle politiche. Ma non pensavano poi di affidarle veramente e interamente in mano il partito.
Quello che però rende il dopo Schlein complicato è il fatto che manchino dei successori. Stefano Bonaccini ci ha già provato una volta e ritentare non è detto che sia opportuno, tanto più che il presidente dell’Emilia Romagna se si trasferisce in Europa rischia di perdere anche la leadership sulla sua area. Paolo Gentiloni ha già detto in tutte le salse “non ci penso proprio” ai dem che lo hanno interpellato sull’argomento, dilungandosi poi in battute sulla fine che fanno i segretari del Pd. Il commissario europeo non è d’accordo con Schlein su quasi niente (dal cambio di rotta sull’Ucraina alla rincorsa a Conte) ma si tiene defilato dal dibattito dem, convinto come è che non porti bene restarne coinvolto. Antonio Decaro, di cui pure si è parlato anche in questi giorni, non ha grande appeal da Roma in su. Dario Nardella, che viene descritto come sponsorizzato da Franceschini, ha due svantaggi. Il primo quello di essere considerato dalla minoranza del Partito democratico troppo vicino a Schlein. Il secondo è uno svantaggio territoriale: con la sua decisione di candidare senza se e senza ma la sua “assessora” Sara Funaro a sindaca di Firenze e la sua volontà di non scendere a patti con Matteo Renzi, rischia di far perdere al Partito democratico il capoluogo toscano.
E a proposito di Firenze, le parole di Renzi (“Se Elly perde lì perde anche la segreteria”) non sono state pronunciate a caso. Benché la segretaria continui a dire a tutti che non mollerà sino a fine mandato, anche i suoi sostenitori sono convinti che in caso di sconfitta nel capoluogo toscano non si potrebbe non aprire un problema. Problema che invece non si aprirebbe se il Pd alle europee veleggiasse intorno al 20 per cento, cioè sotto la percentuale del partito all’epoca della segreteria di Nicola Zingaretti. In quel caso vi sarebbero le autocritiche e le sedute di psicoanalisi collettiva che tanto piacciono ai dem, ma nessuno potrebbe chiedere la testa della segretaria. Cosa che invece potrebbe avvenire in caso di un cattivo risultato alle amministrative (nella Toscana ormai quasi tutta del centrodestra, oltre Firenze anche Prato è ad altissimo rischio). Ma si diceva che non si vede nessun candidato alla successione di Schlein nell’immediato. Però tra i quelli che un tempo erano i prodiani sempre più spesso si affaccia il nome di Filippo Andreatta.