Luca Zaia - foto Ansa

In Veneto

Altro che Salvini. Il vero problema di Meloni si chiama Luca Zaia

Francesco Gottardi

"La battaglia sul terzo mandato non è chiusa. E in ogni caso siamo pronti: abbiamo un serbatoio di amministratori incomparabile. Giorgia scherza col fuoco e col leone. Chi crede che il Veneto verde sia finito si sbaglia di grosso", dicono dalla Liga

Venezia. Altro che Salvini: il vero problema della premier Meloni è Luca Zaia. La scalata ostile sul Veneto di FdI rischia di costare caro. “Questo argomento ha ricompattato la Liga come non accadeva da tempo”, spiega Alberto Stefani, segretario regionale del Carroccio. “Giorgia scherza col fuoco e col leone. Chi crede che il Veneto verde sia finito si sbaglia di grosso”, gli fanno eco Roberto Marcato e Alberto Villanova, assessore e consigliere, la torre e l’alfiere di Zaia. “La battaglia sul terzo mandato non è chiusa. E in ogni caso siamo pronti: abbiamo un serbatoio di amministratori incomparabile”. Ciapa e porta a casa, Giorgia. Nell’intricato scacchiere politico del nord – dove il centrodestra domina, ma perfino il Südtiroler Volkspartei conta più governatori di FdI – i fedelissimi della premier contavano sul terreno venetista, molle e martoriato, per piantare la loro simbolica bandierina oltre la linea del Po. E invece “questa è la nostra linea del Piave”, ribadisce Villanova.

 

 

Altro che altra guancia: dagli alleati volano schiaffi. “Sarebbe meglio pensare ai problemi della nostra gente: la campagna per Palazzo Balbi è partita troppo in anticipo. Ma se vogliono tirarci in ballo, facciano pure. La Liga non ha paura di nessuno”. Si dice che sarà proprio lui, il capogruppo degli zaiani in Consiglio, a raccogliere il testimone del doge. “Ringrazio per la stima. Ma io lavoro per il presidente e continuerò a farlo. La Sardegna insegna: il peso dell’uomo giusto è determinante. E noi ce l’abbiamo”. Una squadra in missione. In barba agli emendamenti bocciati, alle proposte di legge nel cassetto. Come quella firmata da Stefani alla Camera. “Rivendichiamo il nostro candidato, confidando che sia ancora Zaia”, conferma il deputato. “Mantenere la guida del Veneto è prioritario per tutto il movimento. E intanto abbiamo già iniziato un percorso fatto di liste civiche e territoriali, con profili di ampio consenso personale, che dai piccoli comuni si allunga fino alla regione”. Venerdì la Lega inizierà a presentare i propri candidati sindaci. Strategia: per i centri con più di 15 mila abitanti, coalizzarsi contro FdI. Succederà così a Bassano, Valdagno, Spinea, Noale, Monselice, Selvazzano, Legnago, San Bonifacio, Negrar, Pescantina, Paese, Arzignano. Stefani, che è pure il primo cittadino di Borgoricco (Padova), fa da regista. “Siamo in piena fase di trattative: un partito ramificato in sezioni come il nostro sa bene quanto sia importante presentarsi per tempo agli elettori.
 

"Noi abbiamo una certa esperienza”. I meloniani, chissà. “Correremo da soli in tante città grandi e piccole. Ma anche per tutte le prossime elezioni provinciali, da Treviso a Venezia”. Obiettivo regionali 2025. Il vero rebus è che nel mezzo ci sono le europee. “E qui circolano dei sondaggi che danno la Lega al 5-6 per cento”, la preoccupazione di Marcato. “Non voglio  crederci: sarebbe una coltellata al cuore. Ma se così dovesse essere, continueremo a fare finta di niente? Sarebbe invece l’ennesima prova di una crisi strutturale pesante, che richiede un’analisi cruda e violenta”. Cioè un nuovo congresso, subito.   “Finora il partito non ha avuto voglia di capire. Ma all’autocelebrazione c’è un limite. Sotto la pioggia, alle 6 di mattina, di domenica, i nostri militanti sono comunque in piazza ad aprire i gazebo: un attaccamento commovente, che merita la serietà di chi dirige”. Base contro vertici, lo spauracchio della batosta riapre la frattura di lunga data: proprio oggi il consiglio direttivo del Carroccio si pronuncerà sull’espulsione dell’eurodeputato Da Re, reo di aver dato del cretino a Salvini. Eppure basta una formula magica: “Ricordiamoci che l’avversario è fuori”, insiste Villanova. “A Roma credevano di potersi spartire il Veneto”, devia il tiro Marcato. “Ma nel frattempo è cambiato il mondo. È cambiata la politica. La nostra? Un partito detonatore di diversità, con un’anima forte. Né di destra né di sinistra”. Pure Stefani promette: “Creeremo una rete identitaria leghista che riaccenderà gli entusiasmi”. E taglierà fuori i Fratelli. È un insperato rovesciamento di prospettiva, a tenere in vita la riottosa Liga.