Provenzano che stai a di'?
L’esponente del Pd contro l’economia di guerra dell’Europa in difesa di Kyiv
“La guerra è pace” è uno degli slogan incisi sulla facciata del ministero della Verità del romanzo 1984 di George Orwell. Sull’Ucraina, ogni volta che in modo innocente qualche responsabile politico si mette in bocca la parola “pace”, in realtà vuole dire “guerra”. Che ne sia consapevole o no. Come Peppe Provenzano, che ieri si è lanciato su X in una critica da oratorio di un’intervista al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che promuove la necessità di “orientarsi verso un’economia di guerra” nell’Ue per aiutare l’Ucraina e difendersi dalla minaccia posta dalla Russia. “L’Europa è un progetto di pace, deve costruire un’economia per le persone, non di guerra”, ha scritto Provenzano: “La forza dell’Ue si misura sul protagonismo anche diplomatico nel mondo, non su quanti pezzi di artiglieria produce”.
Provenzano non solo si sbaglia, ma come in 1984 realizza l’inversione della verità del Socing. La verità è che l’Europa si è disarmata e la guerra è tornata. Una guerra voluta da chi si è pensato erroneamente di contenere, perfino coinvolgere, con il protagonismo diplomatico. Prima la Georgia, poi la Crimea e il Donbas, infine l’aggressione ingiustificata contro l’Ucraina, preludio della prossima guerra. La guerra la fa Putin e l’artiglieria è il solo modo per tornare alla pace vera in Ucraina e per garantirla sul resto del continente europeo da mire revansciste e imperialiste. Di artiglieria non ce n’è abbastanza per consentire ai coraggiosi soldati ucraini di non farsi massacrare dall’aggressore e domani ai lettoni o agli estoni di non farsi travolgere. Che sia per nostalgia, insipienza, ingenuità o disonestà, poco importa. Il Socing aveva altri due slogan che ben si adattano al post di Provenzano: “La libertà è schiavitù” e “l’ignoranza è forza”. La schiavitù è quella che vuole imporre Putin contro la libertà dell’Ucraina e delle democrazie. L’ignoranza altrui è la sua forza per fare la guerra in nome della pace.
Equilibri istituzionali