Il punto
Tutto quello che non torna sulla Mani Pulite alle cozze pelose
Siamo stati i primi, su queste pagine, a criticare il modello Emiliano, sin dal 2014. Per questo possiamo dire che in Puglia si è abbattuta la giustizia a orologeria: il caso Pisicchio, dall'inizio
Su queste pagine siamo stati tra i primi, quando eravamo in pochi, a seguire, analizzare e criticare il modello Emiliano. Sin da quando nel 2014 si mise a capo di quel movimento di cantanti, attori, grillini e sindaci, che bloccarono l’eradicazione degli alberi infetti contribuendo al diffondersi della xylella, che oggi ha distrutto 22 milioni di ulivi insieme al paesaggio e all’economia di tutto il Salento. E abbiamo continuato a farlo negli anni, quando il governatore pm ha alimentato e cavalcato paure e ignoranze contro Ilva, contro le trivelle, e contro la Tap. Non abbiamo aspettato le inchieste della magistratura per criticare il modello Emiliano, come fa oggi chi lo ha sostenuto fino a ieri. Per questo oggi ci permettiamo di avere dei dubbi sulla morsa giudiziaria che sta colpendo la regione Puglia. Una Mani Pulite alle cozze pelose.
Innanzitutto ciò che stupisce sono i tempi. L’inchiesta sui Pisicchio era partita nel 2019, da due annotazioni dei Carabinieri del 12 marzo, e dalle informazioni rese il 23 marzo 2019 dall'Ingegner Barbara Valenzano, nonché da accertamenti preliminari eseguiti dalla Squadra Mobile di Bari il 18 aprile 2019 e dalla Guardia di Finanza l'11 giugno 2019. L’avviso di garanzia arriva un anno dopo, in piena campagna elettorale, a due mesi esatti dalle regionali. A darne annuncio è lo stesso Pisicchio, allora assessore regionale, il 1 luglio 2020. La procura a due mesi dal voto scriveva che “Gli accertamenti hanno consentito di rilevare che un esponente politico locale, tramite suo fratello, in cambio della promessa del sostegno elettorale in vista delle prossime elezioni regionali, si sarebbe adoperato, in più occasioni, al fine di favorire l'assunzione di persone di sua conoscenza presso società baresi, aggiudicatarie di rilevanti appalti di servizi o beneficiarie di contributi pubblici”. Perché allora, ci domandiamo, di fronte a un’accusa del genere, il tribunale non ritenne di ordinare in quel momento misure cautelari che evitassero il condizionamento del voto da loro ipotizzato? E perché lo fa ora, a distanza di 4 anni?
Il gip giustifica l’arresto con la possibilità di Pisicchio di condizionare le prossime amministrative di Bari. Mentre alle regionali non fu neanche rieletto, dopo la notizia dell’avviso di garanzia. Ma possibile che ci siano voluti sei anni di indagine, e ancora siamo alle misure cautelari senza rinvio a giudizio? C’è un’altra considerazione da fare.
Come abbiamo visto le indagini partono da una dichiarazione dell’ing Barbara Valenzano, all’epoca super dirigente di Emiliano. Anche di lei ci siamo a lungo occupati essendo custode giudiziario di Ilva. Nel frattempo Barbara Valenzano è stata allontanata dal cerchio magico di Michele Emiliano, tant’è che ha fatto ricorso al tribunale del lavoro per mobbing e demansionamento. Eppure ad agosto 2023 Barbara Valenzano decide di fare il suo ingresso in politica. Proprio nel partito di Pisicchio, che la nomina presidente della sua lista civica Senso Civico. Come mai proprio chi ha fatto partire l’inchiesta su Pisicchio diventa organica al suo partito? Gli stessi dubbi possiamo porgerli sull’inchiesta contro Anita Maurodinoia. Al netto delle responsabilità penali degli indagati, e politiche di Emiliano, Decaro, e tutti quelli che in Puglia e fuori li hanno sostenuti. Ma la giustizia a orologeria stavolta ha colpito in Puglia.
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