L'anticipazione
Salvini racconta il governo Draghi: "La scelta dei ministri fatta con metodo sbagliato"
I retroscena del leader della Lega nell'anticipazione del suo prossimo libro. Il rapporto con l'ex premier durante gli anni del governo tecnico: " Ha sondato la disponibilità della Lega per un’eventuale sua ascesa al Colle"
Dalla scelta dei ministri, al fisco, fino alla possibile elezione al Quirinale. Matteo Salvini racconta (anche) il suo rapporto con l'ex premier Mario Draghi durante gli anni del governo di unità nazionale in un libro di prossima uscita, di cui è stata pubblicata un'anticipazione questa mattina.
"Il Colle affidò l’incarico di formare un nuovo governo di emergenza nazionale a Mario Draghi. Un nome di prestigio internazionale che circolava da tempo. Nel centrodestra, Draghi godeva di ottima considerazione", scrive Salvini raccontando i primi contatti con l'ex presidente della Banca centrale europea. "Telefonai a Mario Draghi quando il governo era tutto da costruire, e ci mettemmo d’accordo per vederci riservatamente. Il premier in pectore mostrò massima disponibilità a collaborare, pur consapevole della drammaticità del momento e della difficoltà generata da una maggioranza eterogenea. Non potevamo immaginare l’evoluzione della crisi Covid con tutte le laceranti conseguenze, a partire dal dibattito sulle libertà personali, sull’equilibrio tra diritto alla salute e del lavoro, su green pass e vaccini", dice il leader del Carroccio quasi mettendo le mani avanti sui provvedimenti adottati dal governo di cui ha fatto parte, molto poco rappresentativi della linea della Lega.
Poi Salvini racconta come l'ex premier ha gestito la formazione del governo: "Al di là della cortesia dei primi approcci, il premier Draghi scelse di non condividere con i segretari dei partiti nemmeno la scelta dei ministri. Ricordo che ero a casa, quando mi squillò il telefono. Palazzo Chigi. Da lì a dieci minuti, i nomi degli aspiranti ministri sarebbero stati consegnati al Colle. Ripeto: dieci minuti. Draghi mi comunicò di aver individuato in Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia ed Erika Stefani i leghisti meritevoli di ottenere dei dicasteri. Nomi autorevoli che godono della mia totale stima e fiducia, ma il metodo era evidentemente sbagliato. Peraltro, era opinione diffusa in tutti i partiti", scrive Salvini. Il vicepremier aggiunge che quella non fu l'unica scelta di Draghi non convidisa: "Nell’esecutivo che doveva essere dei migliori figuravano alcuni nomi francamente sconcertanti come la disastrosa Luciana Lamorgese confermata al Viminale, per non parlare di Roberto Speranza alla Salute, fino all’irriducibile Di Maio agli Esteri, non esattamente una partenza brillante". Una lista che non è mai stata digerita dal leader del Carroccio.
"Dalla manovra alle nomine, espressi sempre al presidente del Consiglio la massima determinazione a semplificargli la vita – continua Salvini –. Senza mai avanzare pretese su poltrone o incarichi. Alla vigilia della prima manovra economica, organizziamo una riunione informale della Lega con il ministro Giorgetti. Chiamai Draghi per confrontarmi su alcune misure e spiegare che la bozza del governo sulla rottamazione delle cartelle esattoriali era assolutamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi che ci eravamo ripromessi. Era e rimane nostra intenzione garantire ai cittadini che hanno correttamente fatto la dichiarazione dei redditi, ma che non sono riusciti a onorare il proprio debito con il fisco, di ripartire pagando solo una parte del dovuto", spiega. E qui Salvini muove un attacco all'ex premier: "Chiamatelo saldo e stralcio, rottamazione o pace fiscale: l’importante è il risultato. Non è un premio ai furbi o ai delinquenti, ma un percorso ragionevole per restituire dignità e lavoro a chi si è trovato di fronte a difficoltà inaspettate. Purtroppo, nonostante le rassicurazioni del premier, quel governo non fece assolutamente nulla di utile in questa direzione".
Il leader della Lega continua, avanzando temporalmente nel racconto fino alla rielezione del presidente Sergio Mattarella nel gennaio del 2022: "All’inizio del 2022 si giocò la delicata partita del successore di Sergio Mattarella. Nella conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio aveva fatto intendere di ritenere sostanzialmente conclusa la sua missione al governo. Un’uscita che in molti avevano letto come l’ammissione di voler puntare al Colle. Per la prima volta nella storia, il centrodestra partiva con numeri migliori rispetto al centrosinistra, ma non sufficienti a eleggere un proprio esponente senza il sostegno di almeno un pezzo dello schieramento rivale", spiega Salvini, che ricorda poi
l'ultima volta che ha visto l'ex presidente Draghi: "Ricordo un ultimo incontro in cui sondava la disponibilità della Lega e del centrodestra in generale per un’eventuale sua ascesa al Colle. Alla mia domanda diretta: 'In caso di sua elezione che ne sarà del governo?', la risposta non arrivò. O meglio, ci fu un 'ne parleremo dopo…'", che evidentemente non è arrivato mai.