Il caso
Schlein si candida alle europee. Ma il Pd si divide sul nome della leader nel simbolo
In Direzione nazionale la segretaria annuncia che correrà come capolista al centro e nelle isole. Ma tra i dem è polemica per la personalizzazione del simbolo: "Tu non sei come Meloni e Salvini". E anche Annunziata è critica: "In completo disaccordo"
Doveva servire a offrire l'immagine di un partito compatto, coeso. A limare le asperità. E invece la Direzione nazionale del Pd di ieri, quella in cui Elly Schlein ha ufficializzato la sua candidatura alle elezioni europee, s'è portata appresso i soliti straschici polemici. E dire che scelta della segretaria di correre come capolista solo in due circoscrizioni (centro e isole), offrendo molti posti nelle liste a un po' tutte le correnti, a partire dai dirigenti del partito vicini a Stefano Bonaccini, nelle intenzioni di Schlein avrebbe dovuto sopire la rissosità interna. Alla fine, però, s'è scoperchiato un nuovo fronte, persino inaspettato: c'è chi non ha digerito l'uso del nome della segretaria nel simbolo del Pd da votare a giugno. Un modo per evitare di essere candidata ovunque come prima nella lista del partito, ha avvertito Schlein a chi la accusava della scelta. Ma in molti non hanno nascosto le loro remore.
Nella segreteria che si è tenuta prima della direzione sia Deborah Serracchiani che Beppe Provenzano e Marco Sarracino si erano detti contrari. All'interno della Direzione ci sono stati altri esponenti dem che hanno manifestato il loro malcontento: da Laura Boldrini a Susanna Camusso, passando per Piero Fassino e Walter Verini. Tutti a ripetere alla segretaria: la nostra storia non ci permettere di essere alla stregua di Giorgia Meloni o Matteo Salvini. Anche uno degli sponsor della candidatura Schlein alle primarie come Dario Franceschini ha fatto sapere di non condividere la scelta. E lo stesso ha fatto Lucia Annunziata, che correrà nelle file del Pd al sud. Dopo aver scritto alla segretaria di essere in "completo disaccordo" con la decisione, Annunziata ha argomentato il suo messaggio così: "Il nome nel simbolo è la trasformazione del Pd in un partito personale proprio nel momento in ci la maggioranza ha presentato una riforma, il premierato, che distrugge l'attuale assetto costituzionale" .
Ma la leader dem, conscia di aver lavorato a liste che tenessero insieme tutte le sensibilità del partito, vuole tirare dritto. Questo anche perché, per far posto alle richieste delle correnti, ha dovuto digerire candidati "non suoi". Nella circoscrizione sud, per esempio, sarà candidato in lista Lello Topo, a discapito del "suo" Sandro Ruotolo. Per questo Schlein crede che quella di inserire il suo nome all'interno del simbolo sia "una scelta di compromesso" per sfilarsi dalla corsa diretta in ogni circoscrizione. In più Schlein avrebbe fatto notare come anche Walter Veltroni nel 2008 avesse usato il suo nome nel simbolo del partito, anche se all'epoca si trattava di elezioni politiche.
Fatto sta che sempre ieri contro Schlein sono arrivate anche le parole del padre nobile dem Romano Prodi. "Oramai non mi dà retta nessuno. Chiedere agli elettori di dare il voto a una persona che di sicuro non ci va a Bruxelles è una ferita alla democrazia", ha detto l'ex premier. Che ha anche bocciato l'idea del nome nel simbolo. A ogni modo la discussione interna ai dem non durerà troppo a lungo, questa volta, perché entro la giornata di oggi il Pd dovrà depositare il simbolo presso gli uffici del Viminale. Per questo alle 16 si terrà una direzione straordinario, anticipata, alle 15, da una diretta di Schlein sul suo profilo Instagram. Sempre che non diventi un pretesto per continuare a litigare da qui a giugno.