Le parole
"L'Esercito va cambiato", dice il capo di Stato maggiore Carmine Masiello
"Sono mutati gli scenari, le minacce e, quindi, sono cambiate le esigenze. Bisogna sbrigarsi. Le nuove generazioni saranno ascoltate, perché la Difesa non è solo una questione pratica, ma anche di valori", dice il militare in occasione del 163 esimo anniversario della creazione dell'esercito
"L’Esercito attuale deve essere rivisto sotto diversi profili. Sono cambiati gli scenari, le minacce e, quindi, sono cambiate le esigenze. Bisogna sbrigarsi a farlo. L’Italia deve diventare una nazione con una capacità di deterrenza reale e credibile". Sono parole del capo di Stato maggiore dell'esercito Carmine Masiello. In un'intervista al Corriere della Sera, in occasione della vigilia del 163° anniversario della creazione dell’Esercito italiano, traccia il quadro dello stato di salute e di preparazione del nostro comparto della difesa e della sicurezza intera, anche alla luce dei due principali conflitti in corso, quello in Ucraina e quello in medio oriente.
La guerra in Ucraina "è un conflitto che ha cambiato i paradigmi sul campo: siamo tornati al confronto fra unità meccanizzate e corazzate, all’uso delle artiglierie, carri armati, macchine specializzate per la mobilità e contro-mobilità, perfino alle trincee. Per noi europei, che veniamo da 20 anni e più di missioni di pace all’estero, è stato dirompente", dice. "A questo si uniscono poi l’utilizzo massiccio di droni e l’importanza fondamentale dei nuovi domini, della guerra cibernetica, della disinformazione sfruttata per orientare le opinioni pubbliche, ma anche il morale dei combattenti. Serve molta attenzione e bisogna attrezzarsi per i grandi cambiamenti nel modo di combattere", spiega Masiello.
Il cambiamento di cui parla il capo di stato maggiore è da effettuarsi in vari ambiti, che riassume con tre parole: tecnologia, addestramento, valori. "Bisogna stare al passo con i mezzi a disposizione di eventuali avversari e c’è da recuperare anche un gap con le forze armate sorelle, la Marina e l’Aeronautica, che in questo sono più avanti. Ma poi serve che l’industria della Difesa, non solo quella italiana ma anche quella europea, capisca il momento particolare che stiamo vivendo e faccia gli investimenti necessari per rispondere alle necessità. In questo ambito, il Ministro Guido Crosetto si è già adoperato per accelerare proprio le procedure. L’auspicio è quello di avere presto una vera Difesa europea", dice sempre Maisello.
Sul rischio sicurezza, il generale è netto: "Chiariamoci: non siamo in guerra. Siamo in una competizione che definiamo 'sotto soglia', quindi senza superare mai certi limiti, un confronto ibrido che usa ogni possibilità, non solo militare, per danneggiare alcuni paesi e agevolarne altri", spiega. "Saranno anni di grande crisi – avverte Maisello –, meglio farsi trovare preparati. A oggi l’organico non è sufficiente, i due scenari di guerra ci insegnano che serve la massa, perché le forze si logorano e vanno rigenerate. Un problema che si affronta con un incremento anche modesto delle consistenze delle singole forze armate, alle quali bisogna inevitabilmente affiancare riserve che consentano di aumentare gli organici all'esigenza".
La questione non resta poi solo pratica, ma anche valoriale: "Cambiano gli scenari, le armi, il modo di combattere, ma non i valori. Sono il filo conduttore della storia di un'istituzione e militare e non ammettono deroghe, esitazioni o ripensamenti". La condivisione di questi concetti "mantiene l'esercito unito", e nel cambiamento che Maisello vuole portare nel comparto difensivo del nostro paese i giovani saranno i protagonisti: "Sono loro gli unici capaci di intercettare i cambiamenti, le evoluzioni tecnologiche. Da loro mi aspetto un grande aiuto. Hanno idee da vendere, saranno ascoltati. E potremo proporle anche alla società civile. Cercheremo anche di salvaguardare il nostro patrimonio professionale, formato nelle nostre scuole, e di renderlo più competitivo con il mercato del lavoro. Ma ci sono tanti ragazzi e ragazze che anche di fronte a uno stipendio più alto preferiscono le stellette. Questione di valori, appunto".