L'editoriale dell'elefantino

Zittire il confronto televisivo Meloni-Schlein è un regalo all'astensionismo

Giuliano Ferrara

L’Autorità garante delle comunicazioni ha deciso di svuotare le urne: fra talk e censori della par condicio i confronti cazzuti non piacciono

Trump e Biden decidono senza indugi o tentennamenti se come quando e dove discutere tra loro alla vigilia delle presidenziali americane. Se ne infischiano della commissione tradizionalmente incaricata dei debates, se vogliono (e hanno voluto). Qui vige la dittatura delle Authority, la corte marziale dell’Agcom scioglie come un assembramento sedizioso, con uno squillo di tromba, la riunione televisiva su Rai 1 della premier e della leader del principale partito di opposizione. Le circostanze sono diverse, va riconosciuto. Lì un confronto tradizionalmente a due per una carica esecutiva massima. Qui una gara secondo le regole del proporzionale tra molte liste per l’elezione di un Parlamento sui generis, quello di Strasburgo. Riconosciuto questo, che Meloni e Schlein non abbiano l’autonomia e il potere di trovarsi da qualche parte in televisione, in prime time, per un confronto elettorale è o resta un dato curioso, visto che insieme i loro voti sono più o meno la metà dei voti complessivi e il fatto che si tratta di due donne, novità assoluta e non solo di format, conferisce potenzialmente all’incontro un sapore speciale. L’Agenzia vieta, la Rai dispone il divieto. Punto.

 

 

Il problema è che le regole e i loro tutori non sempre fanno la guardia alla chiarezza del discorso pubblico, non sempre producono risultati politicamente interessanti, spesso vengono amministrate con una certa opacità logica (era già successo con Letta e Meloni,costretti a un noioso dibattito streaming sul sito del Corriere della Sera, visto da pochi e scarsamente significativo, non proprio eccitante, diciamo così). Le Authority d’altra parte spesso non si fanno capire bene, e stimolano titoli di giornale grotteschi, come quello che nella bufera giudiziaria di Genova dice: “Anac (Agenzia nazionale anticorruzione): i costi della diga potrebbero salire”. Ora, su tutto la procura locale può indagare, di tutto si può lecitamente sospettare, ma non sul possibile rialzo dei costi di un’opera pubblica. Possibile, futuro, chissà. Autorità è parola respinta in linea di principio, specie nell’ambito educativo dove “l’obbedienza non è più una virtù”, brocardo insipiente vecchio di decenni e coniato con enfatico successo dal celebre don Milani. Ma le Autorità riscuotono invece un discreto successo e proprio nel campo più delicato, quello della politica in fase elettorale e quello della giustizia da amministrare. Qualcosa non funziona. C’è chi direbbe che al fondo di tutto questo agisce una propensione illiberale.

 

 

Il grande lamento è il disinteresse relativo del pubblico e in particolare dei giovani per le gare elettorali, che sfocia nell’astensionismo. Senza eccedere nelle aspettative, vedere direttamente all’opera in tv la Ducia e il suo contraltare resistente, che in tante cose politiche si scambiano le parti da quando c’è un governo europeista e atlantista combattuto da un’opposizione ormai piena di dubbi su questi due cardini della nostra identità nazionale e internazionale, sarebbe stato curioso, non proprio un oppiaceo come un dibattito ben regolato dall’Autorità tra sedici liste più o meno bollinate, con tutto il rispetto. Sarebbero stati interessanti, per dire, anche un Renzi-Calenda sui destini del riformismo, un Giorgetti-Conte sulla parabola del 110 per cento, un Tarquinio-Vannacci sulla pax russa, debates cazzuti o idilliaci capaci di spiegare molte cose a chi le voglia apprendere. Niente da fare. Da quando principiammo a essere inconcludenti e censori sulla par condicio, per via del famoso potenziale conflitto di interessi di Berlusconi, abbiamo riservato alla politica un ruolo minore, non solo non gladiatorio ma anche un po’ fiacco sul piano democratico, e la pratica del talk-show, che è fatto per non dare spiegazioni serie tra urlacci faziosi, resta in vigore imperterrita salvo rinunciare al talk e allo show quando ce ne sarebbe bisogno per non arrivare appisolati al momento in cui si dovrebbero riempire le urne.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.