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Editoriali

La lezione di Avellino per Schlein

Redazione

Pd sconfitto dalla vice indagata del sindaco arrestato. Le manette non bastano
 

Nella buona affermazione alle amministrative Elly Schlein fa certamente bene in pubblico a sottolineare il successo nelle principali città e a evidenziare i diversi capoluoghi sottratti al centrodestra (emblematica è la vittoria di Perugia). Ma in privato, o quantomeno nelle riunioni ristrette di partito, farebbe bene ad apprendere la lezione che arriva da una piccola sconfitta, quella di Avellino. La vittoria sembrava spianata. La città irpina è arrivata alle elezioni dopo un terremoto giudiziario che ha portato all’arresto del popolare sindaco Gianluca Festa (ex esponente del Pd, poi eletto con una civica contro il Pd): l’inchiesta “Dolce vita” (ma la riforma Cartabia non avrebbe dovuto vietare questi nomi alle indagini?) avrebbe scoperchiato una sorta di associazione a delinquere, capeggiata ovviamente dal sindaco Festa, che truccava appalti e concorsi.

L’elenco delle accuse è lunghissimo: tentata induzione indebita, corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio aggravata, falso in atto pubblico, depistaggio. Il centrosinistra ha costruito il campo più largo degli ultimi venti anni, dal Pd al M5s, passando per la sinistra, mettendo alla sua testa il candidato della “questione morale” Antonio Gengaro. Dall’altro lato c’era Laura Nargi, vice uscente del sindaco arrestato, a sua volta indagata nell’inchiesta con pesanti accuse, alla testa di un gruppo di liste civiche. L’esito, apparentemente, era scontato. Eppure il centrosinistra ha perso.  I cittadini hanno preferito la vice indagata e, dopo la vittoria, si sono riversati a festeggiare sotto la finestra del sindaco agli arresti domiciliari. E questo non perché Avellino sia una specie di Gotham City dove spadroneggia il crimine, anzi. Ma perché gli avellinesi, che da Fiorentino Sullo a Ciriaco De Mita, hanno un profondo senso della politica hanno preferito quello che – con tutti i dubbi e i problemi del caso – sembra comunque un progetto politico. A differenza delle manette e della “questione morale” fine a se stessa.

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