Giorgia Meloni - foto Ansa

L'editoriale del direttore

Esclusivo: Giorgia Meloni spiega cosa farà in Europa per i prossimi 5 anni

Claudio Cerasa

Il discorso che la presidente del Consiglio non ha fatto ma che avrebbe dovuto fare per spiegare con chiarezza perché il suo partito in Europa farà una giravolta clamorosa (e molto saggia)

Abbiamo trovato il discorso che Giorgia Meloni avrebbe voluto fare, ieri alla Camera, per spiegare senza troppi giri di parole la strategia del governo in Europa, in vista del Consiglio europeo che si aprirà oggi. Le frasi tra virgolette sono quelle effettivamente usate ieri da Meloni nel discorso alla Camera.
 



Signor presidente, onorevoli colleghi. Siamo alla vigilia del primo Consiglio europeo della nuova legislatura comunitaria, quella che prenderà il via ufficialmente il 16 luglio, e sono qui di fronte a voi armata di grande orgoglio e di notevole imbarazzo. L’orgoglio è legato al fatto che nella nuova legislatura il gruppo europeo che ho l’onore di guidare, Ecr, è il terzo gruppo, anche grazie ai consensi notevoli ottenuti dal partito che guido. L’imbarazzo è invece legato al fatto che il mio gruppo è, diciamo così, variegato, ed è formato da partiti anti europeisti, come i vecchi amici di Vox, da cui non voglio separarmi ma che difficilmente possono aiutare il nostro gruppo europeo, e il partito che guido, a contare qualcosa in Europa. Dunque, come vedrete nel discorso che vi farò oggi, cercherò di presentarmi in Europa affettando un po’ di sano vittimismo: noi siamo arrivati terzi ma i gruppi che si stanno accordando sono i primi due, Ppe e Pse, e il quarto, Renew, ma faccio tutto questo solo perché sto cercando un modo decoroso di alzare il prezzo quando, e arriverà il momento, mi siederò anche io ai tavoli europei per provare a contrattare qualcosa per l’Italia. Vedete, onorevoli colleghi, so bene che in passato ho detto che non avrei mai fatto alleanze con i socialisti, e anche con i liberali.
 

So bene che mi avete apprezzata in questi anni, cari amici del centrodestra, perché spesso ho provato a essere coerente con la mia e la nostra storia. Ma tra giovedì e venerdì, nei giorni chiave del Consiglio europeo, sappiate che non potrò esserlo. Sappiate che dovrò essere nuovamente incoerente con la mia storia per ottenere qualche risultato per il nostro paese. Sì lo so, onorevoli colleghi, lo so che all’indomani delle elezioni europee qualcuno, me compresa, vi ha raccontato la balla che in Europa il vento era cambiato, che i partiti tradizionali non avevano vinto, che la vecchia maggioranza europea era uscita sconfitta dalle elezioni. So che qualcuno di voi ha creduto a quello che ho detto, e mi dispiace, ma la verità è che la maggioranza che governava fino a un mese fa ha i numeri per governare ancora. E quello che può fare il mio partito, insieme con Forza Italia, è mettere i voti dei partiti italiani più presentabili, scusami Matteo sai a cosa mi riferisco, a disposizione della signora Ursula von der Leyen.
 

I voti di Forza Italia sono scontati, perché l’amico Antonio guida un partito che fa parte del Ppe, quelli di Fratelli d’Italia sono meno scontati ma considerando il fatto che la signora Ursula ha bisogno di avere una maggioranza larga per evitare di essere impallinata quando si presenterà in Parlamento per raccogliere a scrutinio segreto i voti necessari alla sua elezioni direi una bugia se non vi dicessi che sono pronta a votare anche io. Sia al Consiglio europeo, di giovedì e venerdì, sia quando la signora Ursula arriverà in Parlamento. Ho fatto filtrare, tramite la stampa amica e anche quella nemica, la possibilità che al Consiglio europeo il governo italiano, da me guidato, possa astenersi nel voto a Ursula von der Leyen solo per alzare il prezzo della posta e solo per poter arrivare di fronte ai miei colleghi europei forte di una consapevolezza che potrei sintetizzare più o meno così: voi avete bisogno dei miei voti, e anche quelli del partito alla guida della Repubblica ceca, che fa parte di Ecr, ma io per potervi dare i miei voti ho bisogno di portare ai miei, in Italia, qualcosa che possa somigliare a un osso.
 

E allora, onorevoli colleghi, eccomi qui di fronte a voi a spiegarvi quali sono le parole d’ordine che chiederò alla prossima presidente della Commissione europea di utilizzare per giustificare il mio avvicinamento a una maggioranza che sosterrò pur negando di averlo fatto. Signor presidente, onorevoli colleghi, vi dirò spesso, come potete immaginare, che l’Europa non può muoversi “come se nulla fosse accaduto”. Vi ripeterò, fino all’ossessione, anche se non mi è chiarissima questa frase, che “il problema principale, a mio personale avviso, è dato da un’Unione europea sempre troppo uguale a se stessa, e a tratti percepita perfino autoreferenziale, tanto da non essere in grado di adeguare la sua strategia a un mondo che attorno cambiava, come se i suoi primati nello scacchiere geopolitico fossero immutabili e non invece conquiste da difendere e rilanciare”. E insisterò su una parola che mi auguro di trovare tra le dichiarazioni della mia amica Ursula, ovvero che l’Europa in questi anni “si è progressivamente trasformata in una sorta gigante burocratico, debole sulla sua capacità di incidere sugli scenari globali, di avere autorevolezza e credibilità nelle aree di crisi, di avere una politica estera e di sicurezza comune, di controllare le sue catene di approvvigionamento fondamentali, con il risultato di rendersi sempre più vulnerabile agli shock esterni”.
 

Sto usando queste frasi volutamente generiche per provare a surfare tra due mondi, per potermi ancora definire scettica sull’Europa, senza essere euroscettica, e per potermi lasciare una via di fuga quando sosterrò Ursula dicendo che Ursula ha detto esattamente le cose che voleva l’Italia e che la maggioranza Ursula, pur essendo sostenuta dai socialisti, sta venendo esattamente nella direzione indicata, che dico, imposta da noi. Vi potrei dire, molto semplicemente, caro presidente e onorevoli colleghi, che la scelta che faremo in Europa, la scelta di sostenere seppure a debita distanza una maggioranza che come direbbe il mio amico Sunak non è esattamente our cup of tea, Rishi che risate, è una scelta che ha al centro un punto fondamentale, almeno per me non so per te Matteo, che è il sostegno all’Ucraina, perché “in questi anni di conflitti e di minacce alle porte dell’Europa, dobbiamo ricordarci che la libertà e la sicurezza hanno un costo e che per avere pace ai nostri confini dobbiamo essere capaci di esercitare la deterrenza necessaria a raggiungere quell’obiettivo”. Vi potrei dire questo ma non basterebbe, lo so, e per questo devo dirvi che, come direbbe il maestro Cannavacciuolo a Masterchef, per me sarà un sì, con Ursula, se Ursula ci verrà incontro dicendo quanto segue: “che la nuova agenda europea indica come priorità della Ue la difesa dei suoi confini esterni, il contrasto all’immigrazione irregolare di massa, l’impegno per stroncare il business disumano dei trafficanti di esseri umani, che lucrano sul legittimo desiderio delle persone di cercare condizioni di vita migliori di quelle che hanno, desiderio che questi cinici, disumani schiavisti del terzo millennio trasformano spesso in tragedia, chiaramente dopo aver intascato lauti guadagni”.
 

Mi accontenterò di questo, mi accontenterò di avere un commissario che fingerò essere di peso anche se non lo sarà, e so bene che avere un Raffaele Fitto alla Coesione territoriale sarebbe un contentino, ma come vi dicevo in Europa gli elettori hanno parlato e hanno premiato partiti che una maggioranza potrebbero formarla sulla carta anche senza di noi, e quando il popolo parla il popolo ha sempre ragione. E cercherò di utilizzare questa fase che si aprirà nei prossimi giorni per provare a far pesare di più l’Italia in Europa, sapendo che non sarà facile spiegare ai miei sostenitori che mentre sono qui a ricordare che molti governi europei sono stati bocciati dagli elettori io farò accordi proprio con i capi di quei governi che ho accusato di aver tramato contro l’Italia nei caminetti. Ripetiamo insieme il concetto: “Forti di ciò che siamo, e di ciò che l’Italia può ambire a essere, mi auguro che su questo si possa agire con compattezza, e fare gioco di squadra per assicurare che la nostra nazione sia rappresentata al meglio negli incarichi di vertice dell’Unione europea.
 

Dobbiamo cioè lavorare per vederci riconosciuto ciò che spetta all’Italia come nazione, non al governo, non a questo o a quel partito, ma alla nazione. Non sempre quel peso ci è stato adeguatamente riconosciuto in passato, ma il messaggio che i cittadini ci hanno consegnato con il voto è un messaggio chiaro, e non intendo farlo cadere nel vuoto”. Viva l’Italia, viva l’Europa. E regà, da oggi in poi, ricordateve che quando dico Europa ve dovete arzà pure voi.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.