il caso
Non solo Orbán. Dopo i vaccini, la Lega prova una fuga in avanti anche sulle liste d'attesa
I leghisti hanno depositato un emendamento per cancellare l'Organismo di controllo sui tempi di attesa delle cure, rivendicato dalla stessa premier Meloni prima delle europee. Nuovi attriti nella maggioranza dopo la nascita dei "Patrioti per l'Europa"
Ogni giorno s'accende un nuovo fronte di tensione tra la Lega e la maggioranza. Nemmeno il tempo di archiviare l'emendamento al decreto liste d'attesa con cui il senatore leghista Claudio Borghi chiedeva di rendere "raccomandati" e non più obbligatori alcuni vaccini, emendamento che il governo ha dichiarato inammissibile, ed ecco che il Carroccio ci riprova. Con una nuova fuga in avanti che rischia di creare nuovo scompiglio nel rapporto con Fratelli d'Italia e Forza Italia. Sempre nelle pieghe del decreto liste d'attesa questa volta i leghisti sono rimasti più sulle specifiche del provvedimento, chiedendo l'abrogazione dell'articolo 2, cioè quello che istituisce l'Organismo di controllo sui tempi di attesa delle cure. Ovvero l'organo istituito con il provvedimento licenziato dal Consiglio dei ministri dello scorso 4 giugno, giusto alla vigilia delle elezioni europee, e rivendicato dalla stessa premier Giorgia Meloni. L'emendamento è opera del capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo, uno dei fedelissimi di Matteo Salvini. Si capisce, quindi, come la decisione non sia calata casualmente nel dibattito parlamentare. Ma avesse invece l'obiettivo di alimentare nuove tensioni all'interno della maggioranza.
Le discussioni sulla sanità si inseriscono in un clima di contrapposizione palese delle forze politiche del centrodestra a livello europeo. Ieri Salvini ha brindato all'ingresso della Lega nel nuovo gruppo dei "Patrioti per l'Europa", ideato dal premier ungherese Viktor Orbán e che è diventato il terzo maggior gruppo nel Parlamento europeo, a discapito proprio dei Conservatori di Meloni, che hanno perso gli europarlamentari di Vox. Un gruppo a cui ha aderito anche il Rassemlement National di Jordan Bardella e Marine Le Pen. Nelle dichiarazioni pubbliche la premier si è mostrata molto diplomatica sulla nuova formazione. Stanotte da Washington, dov'è volata per l'Assemblea della Nato, rispondendo a una domanda ha detto: "L'idea di un gruppo filo-putiniano mi sembra più una ricostruzione da osservatori...". Ma è chiaro che non le ha fatto piacere essere scalzata dalla guida del principale gruppo della destra europea. Questo per quanto riguarda l'estero. Ma i continui strappi della Lega in Parlamento mostrano come anche internamente Salvini stia portando avanti una strategia di destabilizzazione.