Editoriali
Il decreto liste d'attesa può attendere
Le regioni, la Lega e le opposizioni contro il provvedimento presentato dal governo pochi giorni prima delle europee: centralista e privo di “congrue risorse"
Il decreto liste d’attesa, presentato dal governo con tanto di conferenza stampa a pochi giorni dal voto per le europee, era un provvedimento spot? Nel merito restano pochi dubbi visto che alle più scontate proteste delle opposizioni si sono aggiunte quelle della Lega e delle regioni che hanno dato parere negativo al provvedimento chiedendo numerose modifiche. Il primo nodo da sciogliere, secondo le regioni, che ricordiamo essere in maggioranza a guida centrodestra, resta l’articolo 2 con il quale si istituisce presso il ministero della Salute l’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria. Questo, avvalendosi anche del supporto del Comando carabinieri per la tutela della salute, avrà la facoltà di accedere e controllare l’operato di tutte le strutture sanitarie, pubbliche e private accreditate.
Un controllo capillare da parte dello stato centrale che sembra cozzare con la spinta autonomista impressa dalla maggioranza con l’approvazione dell’autonomia differenziata. Al punto che lo stralcio di questo articolo per una sua riscrittura risulta “imprescindibile” per le regioni, che ne evidenziano i profili di “illegittimità costituzionale”. Un’istanza colta dalla Lega che, nei giorni scorsi, aveva depositato in commissione Sanità al Senato un emendamento che ne chiedeva lo stralcio. L’emendamento, in caso di ritiro, verrebbe fatto proprio dalle opposizioni, come ha annunciato il Partito democratico. A questo si aggiunge poi il tema delle risorse. Per le regioni il contenimento dei tempi di attesa per visite ed esami è inattuabile senza “congrue risorse e adeguate risorse umane”. Nel decreto ci si limita però a un richiamo a quanto già stanziato nella scorsa manovra per il recupero delle liste d’attesa. Queste risorse, spiegano le regioni, potrebbero essere già state tutte impiegate e il decreto risulterebbe a quel punto “privo di qualunque finanziamento”, alla luce di un Fondo sanitario nazionale giudicato “già largamente insufficiente”, nonostante gli sbandierati stanziamenti record dell’esecutivo. Insomma, una sonora bocciatura per il lavoro messo in campo dal governo.