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Editoriali

Il progressivo declino demografico dell'Europa

Redazione

Nel 2100 il Vecchio Continente avrà un quinto della popolazione in meno. Una risposta, certamente, al cambiamento climatico ma non profittevole in termini di welfare
 

Saranno contenti tanti neomalthusiani e fautori della decrescita, ma non è affatto una bella notizia. Soprattutto per l’Europa. Nel 2100 nel mondo ci saranno 200 milioni di persone in meno del previsto. Secondo l’ultima edizione del World Population Prospects, il report delle Nazioni Unite sull’andamento della popolazione globale, il numero di persone crescerà da 8,2 miliardi nel 2024 fino al picco di 10,3 miliardi nel 2080, per poi calare a 10,2 miliardi verso la fine del secolo. E’ una revisione al ribasso rispetto all’edizione di due anni fa, che invece stimava un picco a 10,4 miliardi nel 2080 che si sarebbe tenuto costante fino al 2100: -200 milioni, quindi. A livello globale, le donne hanno in media un figlio in meno rispetto al 1990. Il tasso di fecondità più elevato è quello dell’Africa con circa 4 figli per donna, comunque in calo rispetto ai 6,4 degli anni Ottanta. In oltre la metà dei paesi, il numero di figli per donna è già sotto 2,1, che è il tasso necessario a stabilizzare la popolazione.

L’Europa è il continente con il tasso di fecondità più basso al mondo, attorno a 1,4, e l’Italia è in una condizione peggiore (attorno a 1,2), tra i paesi con il livello più basso al mondo insieme a Cina, Corea del sud e Spagna. L’Europa è il continente che subirà il declino demografico più pronunciato al mondo: la sua popolazione crollerà del 20 per cento, passando da circa 750 milioni  nel 2020 a 600 milioni nel 2100. C’è chi ci vede il lato positivo, neomalthusiani e decrescitisti appunto: il declino demografico ridurrà le emissioni climalteranti e lo sfruttamento di altre risorse naturali. Fare figli, per costoro, è sostanzialmente produrre anidride carbonica. Quindi, meno siamo meglio stiamo. Il problema, però, è che l’Europa sarà sempre più vecchia e  spopolata, con molta meno gente che lavora e molta più gente che ha bisogno di cure e welfare. Un mix micidiale e insostenibile per le finanze pubbliche, soprattutto di paesi già fortemente indebitati. Proprio come l’Italia.

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