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La Corte costituzionale contro il diritto a morire: respinge le richieste di Cappato. La palla alla politica

Redazione

Il principio del “diritto alla morte” non è accolto dalla Consulta in nessun modo, fa riferimento soltanto al diritto a rifiutare le cure, da sempre presente nell’ordinamento e che non ha  niente a che vedere con l’eutanasia attiva

La Corte costituzionale ha ribadito ieri, sulla questione del fine vita, la sentenza del 2019, non accogliendo le richieste del radicale Marco Cappato e dell’Associazione Coscioni. Nel merito allarga lo spettro delle situazioni in cui la sopravvivenza è determinata soltanto da interventi medici, aggiungendo i casi in cui questi interventi possono essere praticati anche da famigliari, ma in sostanza non cambia il suo orientamento, che ovviamente sarà di guida alle sentenze finché il legislatore non avrà emanato nuove leggi. Quello che conta è che il principio del “diritto alla morte” non è accolto in nessun modo, si fa riferimento soltanto al diritto a rifiutare le cure, da sempre presente nell’ordinamento e che non ha  niente a che vedere con l’eutanasia attiva. Che si tratti di una sconfitta per la tesi sostenuta dai Radicali è reso evidente dal fatto che abbiano dichiarato che proseguiranno nella disobbedienza civile.

La questione dell’eutanasia, che riguarda situazioni penose che suscitano la compassione e la commozione di tutti, non può essere strumentalizzata alla ricerca dell’affermazione di un diritto inesistente. I malati, anche quelli terminali, vanno curati e aiutati a evitare un dolore insopportabile, anche con cure palliative o contrasti alla sofferenza che possono anche provocare il decesso. Questo è già previsto e largamente praticato senza troppo clamore, ed è giusto così. Il paziente si affida al medico che cerca la soluzione meno traumatica e meno dolorosa, caso per caso, quando la guarigione o un miglioramento sostanziale è escluso. Costruire sulla compassione per le sofferenze una battaglia ideologica che in sostanza contrasta col principio fondamentale del diritto alla vita ha solo l’effetto di aggiungere nuove difficoltà e nuovi problemi a chi ne ha già fin troppi. La Consulta cerca di allargare i casi in cui si  può applicare il principio del diritto al rifiuto delle cure, e fa bene, ma rifiuta di spingersi oltre, e fa meglio.