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il caso

La lettera-sfogo di Meloni a von der Leyen: "Dall'Ue fake news contro il governo"

Redazione

La premier critica la relazione della Commissione europeo sullo stato di diritto in Italia: "Dal governo nessuna ingerenza nella governarce Rai"

"Qualche giorno fa, come accade ogni anno dal 2020, la Commissione europea ha pubblicato la Relazione annuale sullo stato di diritto dell'Unione europea. Si tratta di un esercizio periodico, svolto in costante dialogo con i 27 stati membri, sostenuto e incoraggiato dal Governo italiano in quanto strumento utile a monitorare il rispetto dei principi e dei valori fondanti della UE". Inizia così la lettera che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha scritto alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.  Una missiva in cui la premier italiana esprime tutto il suo malcontento per come è stata interpretata la relazione delle istituzioni europee. "Anche quest'anno le raccomandazioni finali nei confronti dell'Italia non si discostano particolarmente da quelle degli anni precedenti, tuttavia per la prima volta il contenuto di questo documento è stato distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il governo italiano. Qualcuno si è spinto perfino a sostenere che in Italia sarebbe a rischio lo stato di diritto, in particolare con riferimento alla libertà di informazione e al servizio pubblico radiotelevisivo", scrive infatti Meloni. Che nel corso del documento risponde punto su punto ai rilievi mossi dalla Commissione.

"Le critiche che vengono strumentalmente mosse nei confronti del governo riguardano principalmente tre questioni: 1. il fatto che il sistema di governance della Rai non garantirebbe la piena indipendenza del servizio pubblico, che sarebbe soggetto ad un'eccessiva ingerenza politica; 2. il fatto che il cambiamento della linea editoriale della radiotelevisione pubblica avrebbe determinato le dimissioni di vari giornalisti e conduttori; 3. l'asserito mancato rispetto della par condicio durante le ultime elezioni del Parlamento europeo", prosegue la lettera della premier, che insiste sul merito di ogni questione affrontata dai tecnici della Commission europea. 

"Sul primo punto, cioè sulle garanzie di indipendenza del servizio pubblico, mi sento di ricordare che la riforma della Rai, che ha disegnato l'attuale sistema di governance dell'azienda, è stata ideata e  realizzata nel 2015 dall'allora partito di maggioranza relativa (il Partito Democratico) durante il governo guidato da Matteo Renzi, con la contrarietà del partito da me guidato (Fratelli d'Italia). Se dunque esiste un problema di ingerenza politica dovuta alla normativa esistente, questo non può certo essere imputato a chi quella norma l'ha subita. Soprattutto si tratterebbe di una criticità che si trascina da quasi dieci anni e che avrebbe, nel caso, sfavorito le forze di opposizione, e nello specifico Fratelli d'Italia, e favorito le forze di Governo che hanno governato in questo periodo. Anche l'attuale governance è stata determinata dal governo precedente (governo Draghi), con Fratelli d'Italia unico partito di opposizione che si è reputato allora di escludere perfino dal Consiglio di Amministrazione della Rai creando, questa volta sì, una anomalia senza precedenti in  Italia e in violazione di ogni principio di pluralismo del servizio pubblico. È bene ricordare che, salvo la nomina obbligata di un nuovo Amministratore Delegato nel 2023 a seguito delle dimissioni del  suo predecessore, l'attuale Governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene non si sono ancora avvalsi della normativa vigente per il rinnovo dei vertici
aziendali. Gli attuali componenti del CdA della RAI, come ricordato, sono stati nominati nella scorsa legislatura da una  maggioranza di cui Fratelli d'Italia non era parte, non si comprende dunque come si possa imputare a questo Governo una presunta ingerenza politica nella governance della RAI". 

Sul secodo punto, invece, ovvero sul cambio di linea editoriale della tv pubblica che avrebbe costretto molti professionisti ad andarsene dalla Rai, prosegue ancora Meloni, "è di tutta evidenza, anche in ragione di quanto espresso in precedenza, che si tratti di una dinamica che in ogni caso non può essere imputata all'attuale governo. Nel merito, diversi esperti del campo affermano che i rapporti di lavoro si sono interrotti per normali dinamiche di mercato; alcuni di questi conduttori hanno lasciato la Rai prima dell'arrivo del nuovo ad ed altri hanno deciso di percorrere nuove esperienze professionali o editoriali, pur avendo
l'azienda confermato i loro spazi di presenza nei palinsesti
".

La premier si difende anche sulla presunto mancato rispetto delle regole della par condicio. "A ridosso delle elezioni europee del 2024, la Commissione parlamentare Vigilanza Rai, nell'esercizio delle sue prerogative, ha adottato una  delibera - dichiarata peraltro dall'Agcom conforme alla disciplina vigente in materia - che prevedeva l'esclusione dalle regole par condicio dei rappresentanti delle istituzioni che affrontavano  questioni inerenti alle loro funzioni istituzionali. Non si tratta di una novità. Infatti, sempre, durante ogni passata competizione elettorale, tutti i governi in carica hanno potuto legittimamente continuare ad informare i cittadini sulla loro attività, senza che l'informazione istituzionale rientrasse nel conteggio dei tempi della par condicio, così come previsto dalla legge vigente. Viene da chiedersi perché questo principio, che si è sempre reputato valido in passato, non debba valere  per l'attuale governo". 
     

In conclusione, in sostanza, secondo la presidente del Consiglio "si tratta quindi di attacchi maldestri e pretestuosi che possono avere presa solo nel desolante contesto di ricorrente utilizzo di fake news che sempre più inquina il dibattito in Europa. Dispiace che neppure la Relazione della Commissione sullo stato di diritto e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione. Da parte del governo italiano confermo ogni sforzo per assicurare in Italia e in Europa il pieno rispetto dei valori fondanti alla base dell'Unione Europea e l'assiduo impegno a far progredire l'Italia nell'ambito della libera informazione, del contrasto alle fake news e del pluralismo del servizio pubblico radio televisivo dopo decenni di sfacciata lottizzazione politica".