Il colloquio
"La destra superi l'ideologia sulla cittadinanza agli stranieri". Parla Granata
L'ex deputato del Popolo della libertà: "Lo ius soli non è la soluzione ma lo ius sanguinis è del tutto inattuale e si scontra con la nostra tradizione: l'Italia è il luogo della contaminazione culturale. L'immigrazione non la controlli con i blocchi navali, ma la gestisci con un'idea politica"
"Lo ius soli non può essere la soluzione ma lo ius sanguinis è del tutto inattuale e si scontra con la nostra tradizione: l'Italia è il luogo della contaminazione culturale ed è su questo principio che ha costruito nel tempo la sua grandezza. A destra dovrebbero iniziare a fare questo tipo di ragionamento". A suggerire una terza via nel dibatto che sta facendo litigare Forza Italia e Lega sulla concessione della cittadinanza agli stranieri è Fabio Granata, assessore alla Cultura di Siracusa ed ex deputato del Popolo della libertà, missino per una vita. Fu lui nel 2008, da destra, a presentare assieme al Pd una proposta di legge che oggi definisce "moderna ed equilibrata" e che assomiglia molto allo ius scholae su cui anche Forza Italia ha aperto nell'ultima settimana. "Uno ius soli 'temperato'. È molto semplice: si è italiani se si nasce in Italia da genitori legalmente e stabilmente residenti da almeno cinque anni e dopo aver completato un ciclo di studi", dice al Foglio.
Onorevole Granata, perché questa proposta dovrebbe piacere alla maggioranza? “È una visione abbastanza classica della concessione di cittadinanza, vista come scelta e fatto politico, non legata all'etnia né tanto meno al luogo di nascita. Si rifà alla locuzione latina 'civis romanus sum', sono un cittadino romano". Una proposta su cui i partiti di destra dovrebbero iniziare a riflettere per fare un passo avanti nel dibattito. "In questo modo si va oltre le due visioni ideologiche dell'avvilente confusione attuale: 'si è cittadini italiani se si è figli di italiani, possibilmente bianchi' o 'si è cittadini se si nasce in Italia'. Queste sono due stupidaggini da oltrepassare".
Andare oltre le ideologie, quindi. C'è però una destra che si impunta su altri valori. "Il trasferimento di miliardi di persone dal sud al nord del mondo è un evento che non si può fermare o controllare. Non fermi questo fenomeno con politiche di sicurezza o con blocchi navali, ma lo gestisci con un'idea politica. A mio avviso funziona quella di cui sopra. Tra l'altro nella proposta di legge era previsto che i 'nuovi italiani' giurassero sulla Costituzione, a voler mettere nero su bianco un autentico patriottismo nei confronti della nazione". Piccole suggestioni che anche FdI potrebbe cogliere. "È un po' quello che hanno sentito alle recenti Olimpiadi i nostri atleti, che sono italiani al di là del colore della pelle", aggiunge Granata, evitando di commentare le parole di Vannacci sull'atleta italiana Paola Egonu: "Non mi faccia parlare di tratti somatici…".
Chiuso il cerchio sulla cittadinanza, resta fuori un dato. Quello dell'integrazione. Come si favorisce? "Io credo che l'integrazione non possa essere dettata da una legge. È un fatto culturale. La vera integrazione avviene 'nell'essere italiani', nel 'diventare italiani', non in chissà quale piano metafisico. Non si possono cambiare i connotati alle persone".
Alla fine, della legge presentata nel 2008 non se n'è fatto nulla. "Fu firmata da molti parlamentari in modo trasversale ma fu affossata da Forza Italia e dallo stesso Pd, ma per motivi politici. Fu il ddl che caratterizzò la fase di distinguo tra Fini e Berlusconi…". Se i partiti di maggioranza ripartissero da quella proposta? "Magari. Si tratta di una legge che serve all'Italia: dare la possibilità di diventare cittadini italiani in questo modo, attraverso la stabilità territoriale e l'istruzione, significa avere nuove energie per la nazione. Penso alla ricerca, allo sport, ai talenti. Dare una prospettiva di cittadinanza significa dare nuova linfa alla nazione. È un discorso che apre a una visione dell'Italia, alla fine, del tutto diversa da quella di oggi".