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editoriali

Il realismo di Pizzaballa al Meeting di Rimini

Redazione

Il Patriarca di Gerusalemme parla di pace che va cercata e del riaffiorare dell'antisemitismo. Un incontro-testimonianza di spessore

Il Patriarca di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, ha aperto il Meeting di Rimini con un incontro-testimonianza di spessore, non solo per la visione spirituale e il richiamo al dialogo tra le religioni (“in questo momento il dialogo interreligioso è in crisi”), ma anche per il grande realismo umano e politico di fronte alla guerra, scatenata il 7 ottobre da Hamas, il cui “impatto  su entrambe le popolazioni è unico, senza precedenti”. La pace va cercata e per la pace bisogna pregare (Pizzaballa ha promosso il 15 agosto una “Supplica per la pace alla Beata Vergine Maria Assunta”, festa molto sentita nelle comunità orientali), ma il facile pacifismo e certi giudizi parziali presenti anche nella Chiesa non fanno parte della sua visione e del suo bagaglio d’esperienza. In una intervista ai media vaticani ha parlato di “piccole speranze”, ma ha aggiunto che “non si può parlare in questo momento di pace”. Poi, al pubblico: “La guerra finirà. Io spero che con i negoziati in corso si arrivi a qualcosa, ma ho un po’ di dubbi. Comunque, è l’ultimo treno”. Ha ricordato che “per Israele quello che è successo è stato uno choc incredibile. Israele è nato come il paese dove gli ebrei sono a casa e si sentono sicuri, e il 7 ottobre ha mostrato che non lo sono più. Naturalmente, per i palestinesi quello che accade, non solo a Gaza ma in tutto il mondo, è qualcosa di mai visto prima, quindi ha un impatto enorme che ha esasperato sentimenti già esistenti”. Sul riaffiorante antisemitismo: “Una cosa è criticare la politica di un governo, che di per sé è legittimo. Un’altra cosa è dire che non puoi essere ebreo. Questo è inaccettabile e deve essere condannato”. E ha criticato tutte le “narrative escludenti, pro Palestina, pro Israele”. Anche sul ruolo, spesso enfatizzato, della Chiesa è stato realista: “Siamo sinceri, nessuno si aspetta che la comunità cristiana risolva i problemi. Politicamente, siamo più o meno irrilevanti, se posso dirlo. Forse questo farà arrabbiare qualcuno, ma è così”. Viene prima la testimonianza delle parole: “La prima cosa è stare lì, esserci”.

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