Editoriali

Va bene essere contro l'autonomia differenziata, ma si usi almeno la logica

Redazione

Le assurdità dei ricorsi presentati dalla presidente della regione Sardegna Alessandra Todde e da quello della regione Puglia Michele Emiliano. L'opposizione è in deriva dadaista

L’autonomia differenziata è uno dei principali campi su cui l’opposizione sta conducendo la sua battaglia politica contro il governo. Si tratta di una linea pienamente legittima, soprattutto se combattuta sul terreno totalmente politico del referendum abrogativo. Sarebbe però utile alla causa mantenere un minimo di coerenza, se non politica, quantomeno logica. Due ricorsi alla Corte Costituzionale, invece, mostrano la deriva dadaista dell’opposizione.
 

Si tratta dell’impugnazione, da parte della Regione Sardegna, dell’autonomia differenziata davanti alla Consulta perché, dice la presidente grillina Alessandra Todde, “mina la nostra specialità, ci danneggia e rappresenta una minaccia per il principio fondamentale di uguaglianza tra tutti i cittadini”. È surreale che una regione autonoma a statuto speciale, come la Sardegna, ricorra in nome dell’“uguaglianza” contro un’autonomia, inferiore alla sua, richiesta da altre regioni a statuto ordinario. Il principio di equità è qui interpretato alla maniera di Orwell nella “Fattoria degli animali”: “Tutte le regioni sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre”. Eppure rispetto alla sua “specialità” la Sardegna non ha nulla da temere, non solo perché il ddl Calderoli riguarda le regioni ordinarie e non lede le prerogative di quelle a statuto speciale, ma soprattutto perché prevede una clausola di maggior favore che consente alle regioni a statuto speciale come la Sardegna di ampliare le proprie prerogative qualora vengano concesse alle altre regioni.
 

L’altro ricorso è quello presentato da Michele Emiliano a nome della Regione Puglia, elaborato dal costituzionalista Massimo Luciani, che addirittura chiede alla Consulta di dichiarare incostituzionale la Costituzione. Ovvero di sancire l’illegittimità del terzo comma dell’art. 116, che è stato introdotto nel 2001 con la riforma del Titolo V varata dal governo Amato. A parte la situazione singolare in cui la Consulta si troverebbe a giudicare come incostituzionale una riforma prodotta da un ex presidente della Corte Costituzionale come Giuliano Amato (che per fortuna è andato in pensione poco tempo fa, altrimenti ci sarebbe stato anche una sorta di conflitto di interessi). Ma è possibile che regioni di sinistra e costituzionalisti di sinistra si siano resi conto che la riforma della Costituzione fatta dalla sinistra sia incostituzionale solo dopo un quarto di secolo? Non se ne erano accorti neppure dopo i reiterati tentativi di attuare l’autonomia differenziata da parte della sinistra, già a partire dal 2007 con il governo Prodi e fino al 2020 con il governo Conte? Solo ora che c’è un governo di destra?