editoriali
Il giustizialismo alternato di Urso su Ilva
Il ministro è manettaro con gli indagati e garantista con i condannati
Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha una strana concezione della giustizia. “Associazione a delinquere”, ha scandito dal palco del Meeting di Rimini, riferendosi all’indagine aperta dalla procura di Taranto sul precedente management dell’Ilva, tra cui l’ex ad Lucia Morselli. E questa inchiesta sarebbe la dimostrazione della correttezza della sua strategia di commissariamento per rilanciare il polo siderurgico. E’ una tesi bizzarra per un governo che, proprio in questi giorni, è preoccupato dai “complotti” e dagli interventi scomposti della magistratura. E che, più in generale, difende costantemente la presunzione d’innocenza (da Daniela Santanchè a Roma a Giovanni Toti in Liguria). Per l’Ilva vale invece la presunzione di colpevolezza. “Associazione a delinquere”. Anzi no, non esattamente. Perché, senza allontanarci dallo stabilimento di Taranto, se l’ex ad Morselli è indagata, il commissario scelto al suo posto da Urso per guidare l’Ilva, Giancarlo Quaranta, è stato condannato due volte in via definitiva per un reato non esattamente minore, la morte sul lavoro di alcuni operai: Paolo Franco e Pasquale D’Ettore nel 2003 uccisi dal crollo di una gru, e Marco Perrone morto nel 2022 nelle operazioni di pulizia di un macchinario.
Lo stesso commissario Quaranta, scelto dal ministro Urso, un mese fa, alla notizia dell’inchiesta della procura, ha sospeso i lavoratori indagati ancora alle dipendenze di Acciaierie d’Italia. Eppure, nello stesso periodo, gli stessi commissari nominati da Urso hanno richiamato in fabbrica due dipendenti, da tempo in pensione, condannati come responsabili della morte di altri operai. Il caso più clamoroso, a parte quello di Quaranta, riguarda Ruggero Cola, nominato da Quaranta direttore dello stabilimento pochi mesi dopo la condanna a 6 anni del tribunale di Taranto per la morte dell’operaio Alessandro Morricella, bruciato vivo da una colata dell’altoforno 2. Così Urso lancia la sua originale teoria di diritto industriale: giustizialisti con gli indagati, garantisti con i condannati.