Beppe Sala contro l'Autonomia differenziata: "Iniqua e dannosa, anche per il nord"

Redazione

La riforma Calderoli "nasce già cariata", dice il sindaco di Milano: "Aumenta il divario non solo tra regione e regione, ma tra regioni e grandi città". La nebbia sui Lep e sulle coperture: "Dobbiamo essere onesti: non è pensabile che si tratti di una riforma a costo zero"

Anche il sindaco di Milano Beppe Sala si schiera contro la legge sull'autonomia differenziata firmata dal ministro Roberto Calderoli e approvata dalla maggioranza lo scorso giugno. Già Emilio Del Bono, vicepresidente del Consiglio regione Lombardia, aveva scritto al Foglio per stigmatizzare la riforma. Oggi, con una lettera al Corriere della Sera, il sindaco del capoluogo lombardo si unisce al coro dei contrari, e definisce la misura come "squilibrata" e sostiene che aumenterà "il divario tra Regioni e aree dell’Italia; e non è né scontato né vero che il Nord del Paese approvi una riforma così sperequata, come invece spera il suo autore".

  

    

Sala spiega che la sua "non è affatto una posizione ideologica, originata dal rifiuto preventivo di quanto viene proposto dagli avversari politici", né da sostenitore dell'immodificabilità della Costituzione "purché siano riforme giuste ed equilibrate, capaci di fare il bene della collettività", ma piuttosto "da amministratore di una metropoli come Milano" che osserva un tema che "giudico estremamente delicato e plausibilmente dannoso per l’Italia"

  

La riforma Calderoli "nasce già cariata", dice il sindaco di Milano "aumenta il divario non solo tra regione e regione, ma tra regioni e grandi città. Della riforma del Testo unico delle autonomie locali (Comuni, Città metropolitane, Province), nel frattempo, nessuno parla". 

 

Sebbene quella delle regioni sia una storia lunga ormai più di mezzo secolo, Sala ammette di non essere "per niente certo" che si tratti di una storia di successo. "Si tratta di istituzioni che, soprattutto, non sempre sono state in grado di affievolire i divari in termini di qualità della vita, innalzando piuttosto criticità note a tutti nei settori che riguardano economia, lavoro, trasporti, sanità, welfare. Ora si pensa a un potenziamento del decentramento. Saranno in grado le Regioni di garantire un percorso di miglioramento nell’erogazione dei servizi ai cittadini in mancanza di un prerequisito fondamentale per poterlo fare e cioè le risorse economiche?

Sala si chiede poi "come si possa immaginare una riforma delle autonomie senza avere consultato o ascoltato la voce delle grandi città, che sono il principale traino dell’economia e della giustizia sociale del Paese". Inoltre, "poiché sulla misura, la forma e la mappatura dei Lep siamo ancora in alto mare, viene proposto di partire con le materie che non richiedono Lep. Non va bene. Non si parte sulla base di un 'partiamo e poi si vedrà'. (Per chi non ne fosse informato, il governo si è preso due anni per definire questi benedetti Lep. A partire da lì si procederà alla definizione — e soprattutto alla ricerca — dei fondi necessari)", scrive il sindaco. Il punto fondamentale, aggiunge, è che non si sa "quali e quante risorse economiche servono, affinché questi ineludibili livelli essenziali siano garantiti". "Senza queste coperture, le funzioni rimangono prerogativa statale, non regionale".

"Forse non a tutti è chiara l’ampiezza delle materie che le Regioni possono chiedere di gestire in proprio", spiega Sala. "Si va dall’istruzione alla salute pubblica, dall’ambiente a competenze fiscali. E l’energia. Ora, immaginiamo venti Regioni che vanno a trattare all’estero dai fornitori di energia, per strappare un prezzo inferiore a quello che riesce a ottenere uno Stato. Pura fantasia. E voglio essere estremo nel ragionamento (non provocatorio, estremo): a mio giudizio le politiche energetiche del futuro dovranno necessariamente essere continentali più che nazionali, e qui si pensa invece di regionalizzarle".