In Lombardia

Salvini specula sul caso Verzeni, ma il comune (leghista) del suo assassino sapeva dei rischi da un anno e mezzo

Francesco Gottardi

L'amministrazione di Suisio, in provincia di Bergamo e a guida Lega, sapeva da tempo dei comportamenti pericolosi di Moussa Sangare. Ora sembra cadere dalle nuvole. E il sindaco si trincera nel silenzio

Da giorni la Lega va farneticando sul caso Verzeni. Matteo Salvini sbraita, chiede “pene esemplari” e sfodera la più becera propaganda anti-immigrazione speculando sull’omicida (cittadino italiano di origini africane, come i due testimoni-chiave dell’indagine, che però il vicepremier si guarda bene dal menzionare). Insomma capitano, sceriffo e avvoltoio insieme: non è una novità. La novità semmai – o meglio, il gigantesco dettaglio – è che i comportamenti pericolosi di Moussa Sangare erano stati segnalati da un anno e mezzo all’amministrazione comunale di Suisio (Bergamo), dove lui viveva. “Appelli ripetuti e inascoltati”, puntualizzano dallo studio legale che li ha effettuati. E ai vertici di quel comune siede un sindaco leghista. Tombola.
   

  
Partiamo con ordine, dall’avvocato Stefano Comi cui si rivolse Awa – sorella di Sangare – per la prima volta ad aprile 2023. “Da lì in poi”, la spiegazione al Foglio, “la ragazza ha sporto tre denunce in crescente ordine di gravità: danneggiamento, minacce e maltrattamenti”. Sangare tormentava Awa e la madre, le insultava, ha dato fuoco alla cucina di casa e puntato un coltello al petto della sorella (maggio 2024: retroscena inquietante, pensando al poi). Lei se l’è cavata con qualche lesione. “Abbiamo segnalato tutto ai servizi sociali, allegato i certificati di pronto soccorso e preso contatto per il trattamento sanitario obbligatorio del giovane. Scatta il codice rosso. La procura mi chiama per valutarne l’allontanamento: non viene disposto perché lui sparisce. Poi ricompare occupando il pianoterra della palazzina. La madre e la sorella non le importunerà più”.
  

Del resto si sa fin troppo. Ma il comune cosa c’entra in tutto questo? “Era al corrente della situazione da tempo”, continua Comi. “Già da febbraio 2020, dopo alcune esperienze psicotrope, Sangare era un caso limite. Tutti in paese sapevano che dormiva di giorno e vagava di notte. E a luglio 2023 ho parlato col sindaco mandandole le foto dell’incendio domestico”. All’epoca in carica c’era Paola Pagnoncelli, eletta con la Lega, assessore dallo scorso a giugno in seguito a una staffetta col suo vice Edoardo Bertuetti: 26 anni, vincitore con un bulgaro 87 per cento alla guida della lista “Siamo Suisio” (civica, ma col simbolo del Carroccio). Di fatto, il medesimo corpo amministrativo. Che oggi si trincera nel silenzio. Gli abbiamo telefonato: la risposta dell’ufficio è stata “il sindaco ha già espresso il suo cordoglio e non rilascerà ulteriori dichiarazioni”. Così resta solo il comunicato seguente all’arresto dell’omicida: “Siamo un paese di provincia come gli altri”, recitava Bertuetti, “nel quale tutti si conoscono e si salutano come faceva fino a pochi giorni fa, stando alle dichiarazioni di alcuni residenti, anche Sangare, il quale però pare aver tenuto nascosto, anche dopo la notte del delitto, questo suo lato tenebroso e criminale”.
  

Dunque tutta Suisio sarebbe cascata dalle nuvole, stando al sindaco. Versione categoricamente smentita sia dai vicini di casa dell’assassino, via Eco di Bergamo, sia dall’avvocato Comi. “Non neghiamo, per piacere: ho mail e chat. La famiglia è stata lasciata sola”. E il comune era preposto a intervenire. “L’accertamento sanitario obbligatorio”, procedura preliminare del Tso, “viene effettuato su ordinanza del sindaco previo semplice certificato medico. Bastava poco per registrare i problemi psichiatrici dell’individuo. Ne avevo parlato con gli assistenti sociali, poi dalla giunta non ho saputo più nulla”. Difficile parlare di responsabilità giuridiche: la procura stessa aveva più ampi margini di manovra. “Certo. Di sicuro però c’è stata negligenza amministrativa e sociosanitaria. Un caso sottovalutato”. A Comi non interessa esporsi mediaticamente, né puntare il dito. “A posteriori tutti avremmo potuto fare di più. Anch’io. Ma perché Bertuetti si affida al no-comment? Non gioca in suo favore”. Ha provato a parlarci? “Sarebbe inutile. Semmai va aperta una riflessione sulla formazione obbligatoria che ci vorrebbe prima di diventare sindaco”. Vicepremier, figuriamoci.

Di più su questi argomenti: