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Editoriali

I limiti del nuovo decreto flussi

Redazione

È prevista una maggiore regolamentazione dell'ingresso di lavoratori extracomunitari, ma serve rendersi conto di quanto sia importante soddisfare l'esigenza di manodopera da parte di imprese e servizi: intervenire sulla burocrazia è giusto, ma non aumentare gli ingressi è un errore

L’approvazione di un nuovo decreto flussi, che regola ed amplia l’ingresso di lavoratori extracomunitari, rappresenta un passo avanti e contiene anche obiettivi, come quello di consentire agli stagionali un periodo di due mesi di permanenza dopo la scadenza del contratto in modo da poterne stipulare un altro e la difesa dei lavoratori vittime del caporalato, sicuramente condivisibili. Restano meccanismi burocratici complicati ma quello che conta è che ci si renda conto che l’esigenza di impiegare manodopera extracomunitaria è vitale sia per l’industria sia per l’agricoltura e i servizi, il che richiede un atteggiamento più inclusivo sia da parte dei datori di lavoro sia delle istituzioni, nazionali e locali. Le organizzazioni delle imprese da tempo sollecitano una maggiore apertura (il difetto del nuovo decreto flussi è che non modifica la quota di ingressi, fissata a 450mila nel triennio 2023-2025) ma a questa dovrebbero accompagnare una vigilanza nei confronti delle imprese che eludono le norme e esercitano forme intollerabili di sfruttamento della mano d’opera immigrata. Realizzare un meccanismo non troppo macchinoso (e quello attuale lo è ancora troppo) per l’inserimento del lavoro nel sistema produttivo è un problema non del tutto risolto per gli italiani, lo è anche di più per gli stranieri.

Un altro tema che richiederebbe attenzione è quello dell’importazione di lavoro qualificato, che specialmente in alcuni settori cruciali, a cominciare dalla sanità, scarseggia con effetti talora gravi. L’idea che la mano d’opera extraeuropea serva solo per i lavori manuali a bassa qualifica è sbagliata e non corrisponde alle necessità reali del sistema. E’ bene che intanto si cominci a cercare di semplificare i meccanismi e di combattere le situazioni di caporalato o di super sfruttamento, ma anche in questo settore, oltre alle misure  annuali, bisognerebbe pensare a un progetto  poliennale di programmazione degli ingressi e di organizzazione della domanda. La direzione è giusta, ma di coraggio oggi come non mai ne servirebbe di più.