Editoriali

Decretazioni d'urgenza e voto di fiducia: i danni del bicameralismo perfetto

Redazione

Come i predecessori, anche il governo Meloni esagera con i voti di fiducia e utilizza la decretazione d'urgenza per approvare, più rapidamente, le proprie leggi. In questi strumenti ci sono guai strutturali, ma ecco qualche soluzione (e qualche dato su due anni di legislatura)

La legislatura in corso sta arrivando al traguardo del primo biennio e si può cominciare a stilare qualche bilancio. I dati quantitativi sono in linea con quanto avvenuto nel recente passato: sono state approvate 151 leggi, 114 di iniziativa governativa, e 70 (il 40 per cento) è costituito dalla conversione di decreti legge (dati OpenPolis). Naturalmente bisognerebbe anche addentrarsi nell’esame del contenuto delle leggi, per vedere che mentre quelle di iniziativa governativa affrontano tematiche complesse e questioni generali, come ad esempio la riforma delle autonomie o gli interventi sul sistema giudiziario, spesso quelle di iniziativa parlamentare riguardano tematiche locali.
 

Ci sono proposte di legge di origine parlamentare anche su tematiche assai rilevanti, ma sono quelle presentate dalle opposizioni che difficilmente vengono approvate. L’andamento risulta più o meno simile a quello che si è registrato nelle legislature precedenti, il che mette in luce alcuni problemi: il ricorso ai decreti e l’impiego del voto di fiducia per concludere il dibattito restano fortemente presenti, quasi allo stesso livello raggiunto durante la pandemia, quando era ovvio che si utilizzassero le procedure più rapide.
 

Sul primo tema, quello dell’uso e dell’abuso della decretazione d’urgenza, tutti si dicono d’accordo sull’esigenza di correggerlo, salvo poi ricadere nella stessa prassi. Si potrebbe trovare una soluzione assicurando percorsi meno addentati all’iter delle leggi ordinarie, il che però richiede una rinuncia da parte delle opposizioni di forme più o meno esplicite di ostruzionismo. L’altro tema, quello dell’impiego del voto di fiducia, invece, sta diventando una prassi usata da tutti per superare le lungaggini di un bicameralismo perfetto e ripetitivo. Una volta approvata una norma da una Camera, si tende a porre la fiducia sul testo nell’altra, per evitare la possibilità di nuovi emendamenti che la farebbero tornare indietro. Su questo forse si potrebbe arrivare a un’intesa sui regolamenti, visto che il difetto sta nel sistema e ne sono tutti consapevoli.