Sui dazi l'Italia sceglie la linea Antani

Il governo è contro e anche a favore: promuove la guerra a Pechino negandola

Il ministro Adolfo Urso ha teorizzato il ruolo dello “Stato stratega” e la necessità di una politica industriale, ma non si vede né l’uno né l’altra. Prendiamo il settore automotive, sul quale il ministro delle Imprese è particolarmente attivo. L’obiettivo è arrivare a un milione di auto prodotte in Italia. Inizialmente il target, secondo i piani del Mimit, doveva essere raggiunto esclusivamente da Stellantis, di fatto l’unico produttore in Italia, contro cui però il ministro ha avviato uno scontro, anche pubblico e dai toni particolarmente polemici. Al momento la produzione è crollata e, secondo le proiezioni, quest’anno si attesterà sotto il mezzo milione di veicoli.

Allora, la strategia è cambiata: non puntare sul campione nazionale, ma sulla concorrenza internazionale. Urso è andato alla ricerca di nuovi produttori, soprattutto cinesi e specializzati nei veicoli elettrici, da far entrare in Italia. Per convincerli a investire nel nostro paese, oltre alle interlocuzioni con Dongfeng, azienda di proprietà del governo cinese, è anche andato in missione a Pechino. Poi ha incontrato a Roma il ministro del Commercio cinese Wang Wentao, ribadendo la volontà “di aprire agli investimenti cinesi nel settore automotive”. Nel frattempo, Urso ha lanciato una campagna in Europa per rinviare lo stop ai motori endotermici previsto nel 2035, allo scopo di difendere i produttori tradizionali (come Stellantis) dal vantaggio dei produttori di auto elettriche (come i cinesi).

Ieri, infine, a differenza della Germania che ha un notevole interscambio con la Cina, l’Italia ha votato a favore della proposta della Commisione Ue di imporre dazi aggiuntivi sulle auto elettriche cinesi, degli stessi produttori a cui si chiede di investire in Italia.  Ma subito dopo il voto anti Pechino, Urso  ha detto di essere contro “ogni ipotesi di guerra commerciale” e di voler “preservare la partnership industriale e commerciale con la Cina” per “continuare a lavorare in una logica win-win”. Di questo Stato stratega si fa fatica a seguire la strategia qui in italiano, figurarsi la traduzione in cinese per chi è a Pechino.

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