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Derive sinistre

Le città di sinistra e l'antisemitismo che non hanno visto arrivare

Maurizio Crippa

La sindaca di Amsterdam esprime la sua vergogna per il pogrom della scorsa settimana, ma a Milano viene celebrato da un corteo pro-pal. Mentre la Bologna “vietata” di Lepore si indigna tra i manifesti insaguinati dei centri sociali. L’appropriazione indebita di identità cittadina non può essere più ammessa

In un recente articolo per il Mulino, “I nuovi nazionalpopulismi e le città”, lo storico Alfonso Botti riflette sul dato, interessante, che in pressoché tutti i paesi europei, e l’Italia non fa eccezione, l’avanzata delle destre sovraniste o populiste è tipica delle aree rurali, le aree interne, mentre le città restano saldamente ancorate alla sinistra progressista. Vale per il recente voto in Austria, Germania, Francia, in parte in Italia. Sono di sinistra Parigi, Vienna, Berlino. E anche Amsterdam, o Bologna. Ed è qui che il ragionamento lineare di Botti si inceppa. 


La progressista Amsterdam è la città d’Europa in cui si è scatenato il più violento pogrom contro gli ebrei dalla fine della guerra mondiale e la sindaca liberal, Femke Halsema, non ha potuto far altro che scusarsi: “Mi vergogno per quanto è accaduto”. Ma è accaduto. In una città in cui evidentemente l’analogia tra urbano e progressista (“democratico”) non funziona poi così bene. Al di sotto di questa pietra d’inciampo (per usare un’espressione densa di significato) sociale e culturale c’è anche, forse un’idea sbagliata della identità collettiva, un suo uso a senso unico. Bologna la rossa e città martire della strage è la città dove il sindaco Matteo Lepore si è indignato, con tono sovraeccitato, contro la possibilità stessa che forze di destra potessero manifestare: “Mi chiedo come sia possibile ancora una volta che Bologna non venga rispettata”. Come venga o meno gestito l’ordine pubblico, è una cosa. Ma l’idea di operare una appropriazione politica e identitaria della città, è un’altra: Lepore si indignava per l’arrivo delle “300 camicie nere”, mentre i militanti dei centri sociali assaltavano la polizia ed esponevano il manifesto con Meloni e Bernini imbrattate di mani rosse. Loro si capisce che erano i benvenuti. O forse non li hanno visti arrivare, come i nazi-palestinesi nella progressista Amsterdam. Ma evidentemente, senza scomodare le analisi dello storico Botti, Lepore ritiene di essere qualcosa di più di un sindaco, di essere il depositario dell’identità della città, che può averne una e soltanto una. Non ricordiamo altrettanta attenzione alla sensibilità di tutti i bolognesi, quando il sindaco Lepore fece esporre la bandiera palestinese a Palazzo Accursio, ma quella israeliana no.  

 

           

 

In quel caso non si chiese se tutta la città fosse d’accordo, né se rispettasse la sensibilità della comunità ebraica. Fu Daniele De Paz, presidente della Comunità ebraica di Bologna, a criticare: “Il sindaco mi aveva anticipato le sue intenzioni e gli avevo espresso la contrarietà. Un gesto che ci espone”. Non fu ascoltato. Esattamente come ora Lepore non si è domandato se tutti i bolognesi siano sostenitori dei centri sociali e dei loro metodi di piazza. A Bologna come ad Amsterdam sono domande che invece ci si dovrebbe porre, onde non doversi poi pentire come la sindaca Halsema. Sarebbe il caso di evitare le appropriazioni indebite delle identità cittadine.

Qualcosa di simile è accaduto nel weekend a Milano, altra città amministrata dalla sinistra. Dove è stato permesso di sfilare (non offendeva?) a un corteo pro Palestina che chiedeva “un applauso ai ragazzi di Amsterdam”, ovviamente non alle vittime del pogrom ma agli aggressori islamisti, “che hanno dato una lezione”. C’erano anche le foto di Sinwar, il boia del 7 ottobre neutralizzato da Israele. Milano è una città, di sinistra, dove il sindaco Beppe Sala ha recentemente e con vigore ricordato che schierarsi per Israele e al fianco della comunità ebraica è un dovere ineludibile


A Milano, sempre nel weekend, in una manifestazione in solidarietà con gli ebrei aggrediti in Olanda il rabbino di Milano Alfonso Arbib ha detto: “Antisemiti e antisionisti sono una minoranza rumorosa. Ma io chiedo alla maggioranza silenziosa di iniziare a farsi sentire”. Nello spazio della libertà e delle idee le manifestazioni, senza violenza e senza hate speech, sono ammesse, mentre invece non può essere ammessa alcuna appropriazione indebita dell’identità collettiva. E che questo venga fatto in nome della difesa della democrazia, è grave. Eh, ma le città sono di sinistra, è la risposta automatica che viene da chi vuole vietare le sfilate di CasaPound, ma non quelle dei pro Pal… Come scrive lo storico Botti: “Semplificando in modo grossolano, a fronte del montante nazionalpopulismo… stanno forze progressiste con visione di futuro”. Ecco, appunto, semplificando. In modo grossolano.
 

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"