L'editoriale del direttore
Oltre Musk. I tre argini di Mattarella contro il trumpismo italiano
Oltre il caso dei giudici. Russia, dazi, Europa. Le questioni del presente e quelle del futuro. Come difendere l’interesse nazionale dalla minaccia dell'internazionale trumpiana. Lezioni di patriottismo a Meloni & co
Il punto è fin troppo chiaro e in fondo potremmo sintetizzarlo utilizzando un vecchio detto popolare che mai come oggi si adatta bene all’uscita poderosa con cui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ieri ha rimesso al suo posto l’uomo più ricco del mondo, l’imprenditore più famoso del pianeta, il braccio destro di Donald Trump: parlare a Musk perché suocera intenda. La suocera, in questo caso, non è nominabile, per il momento, è il prossimo presidente degli Stati Uniti, è Donald Trump. E la frase utilizzata ieri dal capo dello stato per rispondere a Musk, che due giorni fa in modo rozzo aveva suggerito di rimuovere i giudici del tribunale di Roma che hanno sospeso la convalida dei trattenimenti in Albania dei migranti provenienti dall’Egitto e dal Bangladesh, deve essere letta stando attenti a non confondere il tweet, ovvero il dito, con la luna, ovvero il futuro dei rapporti tra Stati Uniti e Italia. “L’Italia – ha detto magnificamente ieri il capo dello stato – è un grande paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che “sa badare a se stessa nel rispetto della sua Costituzione”.
“Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”. Sul Foglio di ieri abbiamo segnalato alcuni interessanti cortocircuiti generati dall’invettiva di Musk. L’intervento del presidente della Repubblica permette però di aggiungere, ai cortocircuiti, un altro elemento, che riguarda un interessante e non episodico ribaltamento dei ruoli nel rapporto tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni. Fino a oggi, la convivenza tra Meloni e Mattarella è stata caratterizzata da un equilibrio preciso, al centro del quale vi è stato il tentativo ripetuto e costante da parte del capo dello stato di raddrizzare, in modo esplicito e in modo implicito, il profilo sovranista del governo Meloni.
Oggi, con l’arrivo imminente di Trump alla Casa Bianca, per paradosso è il presidente della Repubblica a chiedere al presidente del Consiglio, perfino trollandola se volete, di avere maggiore attenzione rispetto al tema della difesa della sovranità dell’Italia, in una fase in cui il timore non celato da parte del Quirinale è che vi sia una maggioranza di governo troppo vulnerabile rispetto all’esposizione prolungata alla propaganda trumpiana. L’assist offerto da Musk a Mattarella serve dunque a ristabilire alcuni paletti, per così dire, e Meloni forse dovrebbe chiedersi se c’è qualcosa che non va nel suo essere patriottica rispetto alla difesa dalle interferenze straniere solo quando a interferire sono soggetti con una casacca politica di colore diverso dalla propria – o solo quando il loro cognome, per dire, inizia per “S” e finisce con “oros”. Serve a questo, naturalmente, ma serve anche ad altro. E serve anche a mettere in evidenza un tema o meglio un metodo che diventerà centrale all’interno di una nuova stagione in cui i rapporti tra il governo italiano e l’Amministrazione americana potrebbero mettere a rischio la difesa dell’interesse nazionale: la modalità argine del Quirinale contro la minaccia trumpiana. Ieri, in un certo senso, Mattarella, parlando alla suocera attraverso la nuora, ha compiuto un gesto politicamente rilevante, dando uno scappellotto all’uomo simbolo del trumpismo, Musk, e facendo capire esattamente cosa intendeva lo scorso giugno quando a cinque mesi dalle elezioni americane lanciò alla maggioranza un avvertimento usando le seguenti parole: “Nessuno, vorrei presumere, ipotizza di conformare i propri orientamenti a seconda di quanto decidono elettori di altri paesi e non in base a quel che risponde al rispetto del nostro interesse nazionale e dei princìpi della nostra Costituzione. Questo vale sia per l’Italia sia per l’Unione europea”.
Il pensiero di Mattarella, oggi, coincide esattamente con il pensiero espresso alla cerimonia del Ventaglio e i temi sui quali il Quirinale ha intenzione di innalzare contro il nazionalismo trumpiano degli argini sovranisti, patriottici, sono tre. Il primo riguarda la difesa dell’Europa sul tema dell’Ucraina, sul tema della difesa dei confini della democrazia liberale, e non è difficile immaginare che Mattarella non userà mezze misure nel caso in cui la maggioranza di governo dovesse cedere a un’ingerenza americana negli affari europei ben più pericolosa del cinguettio di Musk: allontanarsi dall’Ucraina e assecondare la propaganda russa. Senso del posizionamento: qui, oggi come non mai, o si fa l’Europa o si muore russi. Senso della linea politica: avere a cuore la sovranità dell’Italia significa avere a cuore il fatto che la sicurezza del nostro paese passa anche dalla sicurezza e dalla difesa dell’Ucraina.
Il secondo fronte su cui Mattarella si muoverà per innalzare un argine contro il trumpismo di ritorno riguarda l’economia e riguarda un tema su cui già in passato il capo dello stato si è esposto per spiegare come combattere i virus veicolati dal nazionalismo trumpiano: i dazi. La posizione di Mattarella, oggi, è la stessa espressa l’8 ottobre del 2019, pochi giorni prima dell’incontro con Trump alla Casa Bianca. Sui dazi, disse il capo dello stato, “si rischia una spirale che contraddirebbe lo spirito euroatlantico. Nessun paese può pensare di farcela da solo. Serve una risposta unita della Ue”. E ancora: “Mi auguro che l’applicazione non venga mai attuata, abbiamo a cuore il rapporto con gli Stati Uniti, ma dobbiamo lavorare insieme per recuperare lo spirito originario dei rapporti transatlantici”. Argine sulla politica estera, argine sulla politica economica, argine sulla politica europea. Sui primi due punti, Mattarella potrebbe trovare in Meloni ancora un’alleata preziosa, per difendere l’interesse nazionale contro le ingerenze dell’internazionale trumpiana.
Sul terzo punto la partita potrebbe invece complicarsi, perché rispetto al tema dei passi in avanti che l’Europa dovrebbe compiere per arginare l’onda lunga del trumpismo vi è un punto su cui la distanza tra Meloni e Mattarella è forte. Il capo dello stato, per avere un’Europa più reattiva, più efficiente, più all’altezza delle sfide del futuro, è favorevole alla caduta del dogma dell’unanimità al Consiglio europeo, è favorevole alla creazione di un esercito europeo ed è favorevole a dare all’Europa maggiore sovranità per proteggere i paesi membri dalle minacce esterne. Il presidente del Consiglio è invece contrario sia a superare il voto all’unanimità sia a creare un esercito europeo e nel corso della legislatura questa divaricazione potrebbe diventare qualcosa di più di un semplice dibattito accademico e potrebbe diventare il tema centrale per capire in che modo l’Europa può proteggere se stessa dalle conseguenze del nuovo isolazionismo americano. La presenza di un argine mattarelliano per limitare le scorribande populiste in Italia, ovviamente, non è una novità. La novità è che nella nuova stagione del trumpismo l’argine del capo dello stato verrà utilizzato, in modalità troll, sempre di più in chiave patriottica. E in questo senso, il confronto a distanza tra Mattarella e Musk è lì a ricordare a Meloni & Co. qualcosa di ovvio: cosa vuol dire nella pazza e pericolosa èra trumpiana difendere la nostra sovranità dai nemici dell’interesse nazionale. Fratelli di Mattarella uno, fratelli di Trump zero.