Meloni indagata per il caso Almasri. La premier: "Non mi faccio intimidire". E mostra sui social l'avviso di garanzia

Redazione

La presidente del Consiglio è indagata per favoreggiamento e peculato in relazione al caso del rimpatrio del cittadino libico. Con lei sono stati denunciati anche Nordio, Piantedosi e Mantovano. "Non mi faccio intimidire", dice Meloni nel video

La notizia la dà Giorgia Meloni stessa, attraverso un video postato su tutti i suoi canali social, in cui dice: "Il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato, in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino libico Almasri. Avviso di garanzia che è stato inviato anche ai ministri dela Giustizia Nordio, dell'Interno Piantedosi e al sottosegretario Mantovano, presumo a seguito di una denuncia presentata dall'avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra, molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi". 

 

 

La premier ha poi ricordato i fatti che riguardano il rimpatrio di Almasri, e ha detto: "Non sono ricattabile, non mi faccio intimidire, è possibile che per questo io sia invisa a chi non vuole che l'Italia cambi e diventi migliore, ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti". 

 

Il videomessaggio di Meloni ha provocato numerose reazioni politiche. Se la maggioranza si è eretta a difesa della premier e dei suoi minisitri, parlando di "uso politico della giustizia", le opposizioni – dal M5s al Pd, da Iv e Azione – l'hanno subito attaccata: “Spieghi agli italiani perché ha rilasciato il libico”.

“Si segnala, al fine di fare chiarezza, il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell’attività svolta dalla procura di Roma, la quale non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto dall’art. 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89", scrive in una nota l’Associazione nazionale magistrati. "La disposizione – prosegue l'Anm – impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati. Si tratta, dunque, di un atto dovuto”.