Sergio Mattarella (Ansa)

editoriali

Un grande Mattarella sull'antisemitismo

Redazione

Dire “mai più” non basta: serve combattere ogni giorno contro l’odio e denunciare il pericolo rappresentato dall'antisemitismo e da ogni tipo di razzismo discriminatorio, ricordando l'enormità dell'abominevole strage nazista e combattendo le manipolazioni propagandistiche 

Il presidente della Repubblica, intervenendo alle celebrazioni per il Giorno della memoria, ha pronunciato un discorso percorso dalla commozione per la sua visita ad Auschwitz del giorno precedente e di riconoscenza per le testimonianze dei sopravvissuti allo sterminio nazista. Il centro del suo ragionamento è stato l’ammonimento a non considerare la barbarie razzista una parentesi della storia ormai consegnata solo alla memoria.

 

Ha fatto risuonare nelle sale del Quirinale l’ammonimento di Primo Levi: “Auschwitz è fuori di noi ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia”. E’ proprio per questo che bisogna vaccinarsi contro questa possibile ripresa del contagio razzista e antisemita. Non si è sottratto all’esigenza di esaminare il modo in cui, ancora oggi, le ideologie della sopraffazione si ripresentino. “L’invasione russa dell’Ucraina, ha detto, è avvenuta con slogan e giustificazioni di nazionalismo sciovinista e aggressivo, che appartengono a un passato condannato dalla storia”.

 

Ha infine denunciato “la minaccia continua alla sicurezza e alla stessa esistenza del popolo di Israele”. La scelta di denunciare il pericolo rappresentato dall’antisemitismo e da ogni tipo di razzismo discriminatorio, come pericolo reale, conseguenza di atteggiamenti anche contemporanei, ha un senso particolarmente rilevante. Per dare un contenuto al grido “mai più” con cui ha concluso il suo intervento, bisogna combattere contrastando ogni giorno le tendenze attuali, non solo ricordando, come è pure necessario, l’enormità dell’abominevole strage genocidi nazista, ma combattendo le manipolazioni propagandistiche che puntano a ricreare un clima di isolamento e di odio nei confronti delle minoranze, a cominciare naturalmente da quella ebraica. Così, e solo così, la memoria diventa guida per l’azione e la vigilanza democratica.

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